giovedì 3 gennaio 2013

verso occidente l'impero.

Voglio raccontare una cosa.
D. stava male da diversi giorni, probabilmente un paio di settimane. La sua salute, non sempre fortissima, si era rivelata in questo caso particolarmente vulnerabile al classico virus stagionale, costringendolo a letto durante le festività. Dopo alternanze di alti e bassi, decide (durante un periodo alto) di andare dal dottore, e lì lo troviamo. Io ero di fronte a lui, ma non so come si chiama, e non lo vidi ma non lo notai. Non l'ho mai più conosciuto, e se l'ho rivisto non l'ho mai ricordato, tant'è che, perché avrei dovuto? Non so proprio. Con un atteggiamento piuttosto compassato, ritroso, come se avesse preferito scomparire, con un'aria malaticcia che dava l'impressione di non essere mai stata davvero florida, prese il suo bigliettino e si sedette.
Non devo distrarmi, perché questa parte è abbastanza importante. D. era di fronte a me, e probabilmente ci siamo visti negli occhi, ma questo non è davvero importante, né è importante come io o lui eravamo fatti, o cosa pensavamo, o quanto religiosi fossimo. Eravamo estranei e lo saremo sempre stati (mentre mi è capitato di conoscere altre persone di questa vicenda).
Ma senti questa: seduto esattamente al suo fianco, una ragazza. Attraente. Non voglio neanche iniziare a pensare di poter dire qualcosa in merito, allo scopo di descriverla: ne sarei capace*, con grande impegno, ma ne vale davvero la pena? No.
*e non ne sono neanche sicuro, e forse sarebbe quasi il caso di iniziare a chiedersi quale sia il punto di tutto ciò, e cosa intendo quando dico che sono davvero capace di descrivere una cosa del genere, e che forse è davvero *troppo* facile dire che "sono capace a descrivere X" quando a) non ho detto cosa è X nel dettaglio (la descrizione di COSA esattamente?) e b) che cosa intendo con capace, e cioè qual è il mio scopo in questa descrizione, se per caso fare in modo che il lettore si crei una immagine mentale della ragazza, fare in modo che il lettore percepisca questa ragazza, fare in modo che il lettore *possa essere capace di* riconoscere questa ragazza se, posto davanti ad una serie di foto, gli si chiedesse di riconoscerla davvero (cosa che mi sembra abbastanza simile al primo punto, ma non troppo e comunque non abbastanza). Lo scopo di questo racconto (assolutamente reale, se non per i dettagli di cui a nessuno importa) è trasmettere una sensazione da un cervello all'altro.






La ragazza, che chiameremo M., non conosceva D. il quale stranamente, però, conosceva M.
A un paio di chiometri di distanza S., steso sul letto, leggeva un libro. Si sentiva come se la sua anima stesse manifestandosi poco a poco, essendo uno di quei ragazzi sulla ventina la cui ritrovata intellettualità dischiude progressivamente il suo tesoro in maniera improvvisa e feroce. Vorticosa, forse, ma lui avrebbe preferito chiamarla mistica. Il titolo del libro che stava leggendo, di una importanza assolutamente fondamentale, verrà qui omesso. Il librarsi del suo essere verso territori monacali veniva di tanto in tanto interrotto da un più prosaico scambio di messaggi con una certa ragazza in una certa sala di attesa di un dottore (chiaramente, M.). D. (il ragazzo malaticcio) era consapevole di un certo qualcosa che era in corso tra il suo caro vecchio amico S. e M. (la ragazza nella sala d'attesa, sulle cui condizioni di salute non ci è dato sapere nulla, proprio), e questo era il motivo per cui D. conosceva M. ma non viceversa.
S. (il ragazzo in fase mistico-a-tratti) sapeva che M. (la ragazza con cui era in corso qualcosa che, per decenza, tralasceremo) era dal dottore e sapeva che il suo amico D. (dall'aria malaticcia, ma che di lì a pochi giorni si sarebbe completamente ripreso) non era, per l'appunto, in condizioni perfette da diverse settimane.
Ma S. (il ragazzo che pensava di poter dominare il [suo] mondo [intellettuale] tramite la lettura di romanzi postmoderni perlopiù sconosciuti) avrebbe saputo solo in seguito che M. (la ragazza che, a questo punto penso si possa dire, era stata benedetta con una bellezza prodigiosa che, ancora una volta, eviterò anche solo di iniziare a cercare di trasmettere, a parte con questa breve frase in parentesi) e D. (il ragazzo che aveva avuto qualche problema in passato, e che a volte metabolizzava in maniera piuttosto atipica inventando storie sulla sua infanzia, principalmente viaggi e scopate immaginarie) erano vicini, così vicini, che D. (vedi sopra) poteva effettivamente vedere che M. (come è possibile avere degli occhi così, mi sto ancora chiedendo) stesse effettivamente messaggiando con qualcuno E CHE quel qualcuno era proprio il suo amico S. (che, tra l'altro, proprio in questo periodo stava cercando con un abile gioco di prestigio di  reinventarsi in qualcosa che, almeno all'apparenza, potesse essere più metabolizzabile, e potrebbe anche essere utile sapere che aveva già vissuto *in un* periodo mistico in passato, durante la lettura dell'Uomo Senza Qualità, immenso romanzo che oramai non si poteva evitare di associare a prugne secche, e che però lo aveva spinto a incidere in rilievo su un libro di matematica "in questo momento sono felice", un gesto che voi cinici sogghignatori moderni o ultra-moderni potete pure interpretare come volete, ma che in realtà ha un significato *pieno* che non ci sogneremo neanche lontanamente di negare).
Non è quindi davvero chiaro se il ragazzo malaticcio avesse visto che la ragazza-divinità stesse davvero messaggiando con il suo amico in-fase-mistica. Ma ha riconosciuto la ragazza-divinità, e l'ha in seguito comunicato all'amico-mistico, il quale non ha potuto che trarne le dovute conclusioni. Che siamo molto più connessi di quanto appaia, che vediamo molte più persone di quanto non riconosciamo, che veniamo riconosciuti più spesso di quanto non crediamo, che le vite si intrecciano in continuo, e con la stessa facilità gli intrecci si sciolgono. Che forse non tutto ha senso, o forse tutto ha senso, e sostanzialmente non lo sapremo mai, se non utilizzando quel terzo occhio che diciamo di avere, o forse se non raccontiamo noi stessi.