venerdì 30 novembre 2012

Certi film non sono da vedere. Certi film mi fanno ripensare a quando ero bambino. Sento una atmosfera diversa. Sento il vento del parco, mio padre che mi spinge con la bicicletta, mio fratello che mi è accanto, gli altri bambini. Sento le foglie del parco, in un parco in cui non vado da anni. Mi ricordo di mio padre, mi ricordo benissimo, chissà se lui si ricorda ancora, mi ricordo quanto tempo passava con noi, come mi ricordo bene... dov'era mia madre?


Mi ricordo di un tempo in cui, in quel momento, c'era poco da ricordare. Mi ricordo di una coscienza ancora fresca. Mi ricordo di un tempo in cui si voleva essere monaci, o santi, o semplicemente bambini.

Dico in giro che non mi piacciono i bambini. Non è esattamente vero: non mi piacciono i bambini estremamente piccoli. Ho realizzato che quelli più grandi, sui 13-14 anni, sono ok. Mi fanno ricordare qualcosa. Probabilmente li apprezzo solo perché mi fanno ricordare qualcosa, non so.

E' tutto diverso qui. In una casa che non è mia e che oramai chiamo casa, in una stanza senza la compagnia del proprio sangue, di un proprio sangue che ha sempre dovuto trascinarsi con difficoltà.

Non è colpa dei film. E' colpa mia, che troppo raramente mi fermo a guardarmi indietro. Ed è meglio così, forse. Tutto sembra doloroso, estremamente doloroso. In continuo mi viene da fingere: potrei far finta che è tutto un discorso di qualcun altro, in modo da schermarmi contro l'ironia altrui. Ho imparato diversamente, grazie a qualcuno che non conoscerò mai. Quando si soffre si scrive, a quanto pare. Non è detto che funzioni.

Penso al passato, mi ricordo ancora qualcosa? Mio nonno. Le mie tartarughe. Mia zia. La mia famiglia, che adesso inizia a sembrare importante. Qualche mio professore e qualche mio compagno delle elementari.

Non penso al passato: quando un periodo della mia vita finisce, non lo valuto, non lo soppeso, non ci ripenso, non lo reimmagino, non lo sogno, non lo costruisco. Questo è il motivo per cui non ricordo il periodo delle elementari. [ Mi fermo un attimo. Deve essere meno letterario, più vero, stai davvero scrivendo per te stesso, non devi neanche giustificarti, aspetta. Meno parole, più immagini ]

 Più immagini: l'attesa davanti scuola. Mio nonno. Dicevo... prendo un lungo respiro.

Non sono abituato a guardarmi indietro. Ed è per questo che non ricordo i nomi dei miei amici delle elementari. E' per questo che non soffro. E' per questo che non realizzo che le cose stanno cambiando, finché non arrivano i momenti di lucidità in cui tutto è presente contemporaneamente.

Questo è un buon sistema di difesa, ma adesso inizia a fare acqua. Stavo per scrivere "mi manca tantissimo". E' vero? Sì. Mi manca tantissimo lui, lei, e qualcosa che ho perso. L'uomo senza qualità.


Mi manca tantissimo l'uomo senza qualità, e il misticismo, e il rifiuto del metodo scientifico. Mi manca tantissimo il non discutere e il non giudicare e il sentire, e il percepire.

Sto davanti scuola, parlo con i miei amici, molti se ne vanno, fa freddo. Aspetto ancora un po', vedo le mamme degli altri. Arriva mio nonno e gli do la mano, e lui mi accompagna a casa.

giovedì 9 agosto 2012

Trattiamo con cura ciò che facciamo. Salviamo le cose. Rileggiamole, rimodifichiamole, diamole un valore.
Organizziamo in cartelle le nostre musiche, organizziamole in album, conosciamone l'anno di pubblicazione, godiamone più volte prima di gettarle. Riascoltiamole. Piangiamo.
Salviamo le cose importanti anche se non le rivedremo. Amiamo tutto ciò che abbiamo salvato, e ringraziamo la possibilità di poterlo fare.

Possiamo salvare ciò che eravamo. Possiamo rivedere ciò che eravamo. Possiamo tornare indietro nel tempo e rivederci. Trattiamoci con cura. Trattiamoci con grande cura. Senti questa marcia?

Non sciupiamoci, cerchiamo di essere consapevoli. Non è una cosa del tipo che io ti dico "cosa fare", è una specie di ricerca di intenti. Cosa dobbiamo fare?

Osserviamo la batteria, si sta avvicinando, amiamone i ritmi. Cambia in continuo.

mercoledì 8 agosto 2012

Il Lanciapietre

Il Lanciapietre Leggendario nasce il 10 Agosto 1564 e muore il 10 Agosto 1694, diventando così la persona vissuta più a lungo nella storia (se questa notizia fosse vera).
A tratti di matita grossa vi descriverò la sua storia. Il LL ha capito a 21 anni il segreto della vita. Scandiamo bene le parole e tralasciamo qualche dettaglio per non sciupare la freschezza dell'illustrazione. Osserviamo un mare agitato sullo sfondo e una spiaggia sassosa, LL in piedi che guarda l'orizzonte, immobile, gli stracci che volteggiano accarezzati dal vento marino, il sole oramai cupo. LL pensa, LL fa, LL scaglia.
LL prende una pietra e alleggerisce i muscoli e li tende e la pesa e la guarda e fa un sorriso, la lancia parabolicamente non perdendola d'occhio durante il volare, 2 secondi precisi raggiunge un altro sasso creando un rumore sordo risuonante simpaticamente con l'anima di LL che ora, sorridente, capisce qualcosa.
LL a 21 anni diventa il Lanciapietre.

veloce riassunto:
anni iniziali da lanciapietre, la fatica, il dubbio, la penitenza, la determinazione, il dubbio, la sensazione di fallire, la rinascita, la perseverazione, i risultati, la tecnica, la voglia di perfezione, il suono, l'estasi, la meditazione, la scelta della pietra, la scelta della pietra perfetta, l'abbandono del progetto con insegnamento annesso, la folla che lo ammira, la folla che lo acclama, la fama, la leggenda.

Il Lanciapietre Leggendario aveva due allievi. Uno era VV, l'altro Fabio C. Il primo aveva una indole essenzialmente malinconica, e tutta la gioia della sua vita era costituita dal lancio delle pietre. Un sorriso poteva vedersi sul suo volto al momento in cui il contatto avveniva e il momento magico si estendeva toccando le sinapsi/consumandosi in un istante.
VV nasce nel 1985 e morirà nel 1932 e condividerà con Fabio C. la stessa data di nascita e morte e la stessa causa di morte, che riguarda stranamente una pietra e un arpione (come vedremo in seguito).
Fabio C. si distanzia dagli insegnamenti del Lanciapietre Leggendario il 9 Agosto 1694. Lancia una pietra, moto parabolico, eleganza, l'aria che si sposta e l'anima che si distanzia e si allarga, il vedersi dall'alto, il vedere il campo dall'alto, l'estasi e la metafisica, il sentirsi un monaco, il provare la connessione con la natura, non l'avere più paura, sentirsi pietra, sentirsi roccia, toccare terra, uccidere un animale, goderne. 

Fabio C. non poteva far altro che continuare, e assunse il nome di Nemesi, decidendo di rispecchiarsi in ciò che non era anziché in se stesso. *

*se è possibile, obviously. 



Il giorno 8 Agosto 2012 VV e Nemesi si incontrano ancora. Il primo ha voglia di uccidersi e l'avrebbe già fatto se non fosse per l'attimo di gioia trasmesso dall'impatto della roccia scagliata dalla sua mano rugosa, il secondo ha voglia di uccidere. Lanciano un sasso l'uno contro l'altro.
Il sasso di VV si innalza in questa traiettoria, VV sorride, VV volteggia e sente di morire, VV ha voglia di fumare, la sua pietra si scontra contro la pietra di Nemesi emettendo un rumore sordo, VV prova il suo primo orgasmo, la pietra torna indietro, la pietra di Nemesi cade a terra inerte, la pietra di VV colpisce VV in testa provocandogli una more rapida. Nemesi è amareggiato, l'estasi suprema gli è negata, non era la sua pietra ad aver ucciso l'animale.
In un turbinio di indecisioni e sussurri Nemesi decide di diventare il Lanciapietre Leggendario, e appena lo decide ecco che vi si ritrova:  il 10 Agosto 1570, bambino, osserva una pietra e la ignora, stabilendo un destino ancora ignoto a tutti fuorché a quella pietra stessa.

L'ombra

Fatica.
Ecco ciò che succede oggi. Eccomi qua, con una marea di materiale da leggere per poter essere pagato. Ecco il mio lavoro, ora ve lo dico:
                     devo fingere di essere una persona
Devo fingere di essere una persona, su internet. Devo imparare i modi di dire di quella persona. Devo mettermi il suo avatar, la sua frase personale, devo scrivere come lei.
Devo soddisfare il desiderio sessuale di un tipo, che mi paga, che ha la perversione più particolare del mondo. Bene, ok, d'accordo, don't judge- facciamolo.
Tantissime parole, mi annoio ben presto. Eccole qui, queste conversazioni; private, ma non per me. Io sono speciale e particolare, ho accesso alla Tua intimità, cara G., io posso sapere tutto ciò che dici mentre parli con il mio mecenate. Tu non hai segreti per me, e io diventerò te, e tu non mi conoscerai mai. So come scrivi, capisco il tuo stile. So quali sono le frasi che dici più spesso al Mecenate. Leggo i tuoi sbalzi d'umore, forse meglio di lui. Mi annoii, a tratti, ma ti comprendo in altri, e mi sento privilegiato, pensando a questo nostro strano rapporto. Il mio Mecenate mi dice tutto di lui e tutto di te. Lo faccio per i soldi; lo farei anche senza i soldi? Dipende. Scrivere storie erotiche è un conto. E' noioso, non dà soddisfazioni, sono sempre le solite cose.

Cosa diversa è essere te. Mi piace essere te, perché io so come si fa ad essere te. Cara G., cara G., cara G.
Ti vorrei conoscere e dirtelo. Non fidarti del Mecenate, non è così limpido, ma è arrotolato. Cara G., non lo farò, perché ho un rapporto complesso anche con lui. Mi paga, è un datore di lavoro? Mi paga, e gliene sono grato, e mi paga bene, e io e te invece cosa siamo? Saprò essere te? Meglio di te? Possibile mai?

La realtà di carne e membra che scrivono e pensano e soffrono e che si proiettano nel mio cervello tramite le parole e parole e tristezze e smile non rivolti direttamente a me ma che per me traspirano passando attraverso quest'altra dimensione che infine POTREBBE O NO riflettersi in me e diventare me e se faccio un buon lavoro mi pagano bene, se divento TE, e voglio diventarlo. S- . . . .
sono un guardone? Non proprio. Mi interessa la tua vita? Ti sento tenera e -fragile. Vedo i tuoi problemi, e cerco di imitarli. Mentre li imito ti capisco, mentre ti capisco vorrei salvarti. Non sono un guardone, ma un-



Cosa faccio davvero? L'ombra di un imitatore. Un imitatore solitario.
Un tipo in una stanza vuota e buia che mi dice "Ora fai finta di amarmi. Ora fai finta di lasciarmi". Per piacere non facciamo più finta- per piacere, fammi diventare lei.
"Ora G. mi lascia, fammi soffrire" - fammi soffrire, fammi soffrire, e così farò.