domenica 17 febbraio 2008

Salerno ecc.

Non riesco ad aggiornare questo blog, né ci riuscirò facilmente.


Il 5 Marzo mi esibirò alla Sala Napolitano di Salerno (via A. Diaz n.20) ed eseguirò al pianoforte le variazioni Goldberg, di J.S. Bach.

ore 19,00 - ingresso gratuito.

nessun buffet finale

Saluti!

martedì 5 febbraio 2008

Una tristezza infinita (d.s. 7)

V: C'è qualcosa di più triste nel far caso, senza alcun preavviso, all'invecchiamento del proprio padre? Capita così, di guardarlo, e ti rendi conto che non è come l'hai visto l'ultima volta. Ha qualche ruga in più, ma a parte questo è proprio più vecchio. Sai, più lento... sai, come le persone anziane. E pensi: com'è triste. E pensi, ancora: come sarebbe triste se lui se ne rendesse conto.

T: Oggi mi sono avvicinata allo specchio e mi sono osservata tantissimo. Sai quando ti guardi per un bel po' di tempo, osservi la tua faccia, e pensi -mah gli altri vedono questo ogni volta che io vedo loro- e pensi che tu dovresti guardarti di più. Allora inizio a fare qualche boccaccia, fisso lo sguardo sui particolari: il naso, la palpebra, l'orecchio. Guarda che strana conformazione del labbro. E poi, i miei occhi, così complicati, e le ciglia, le osservo come se mi presentassero una persona e io la giudicassi con occhio critico e magari sì mi piace ma fammi vedere bene com'è fatta e fammi scoprire tutti i suoi difetti.
Facevo questo ed è accaduto qualcosa: una dissociazione, e mentre mi toccavo i capelli, mi grattavo la fronte, pensavo: "ma sono io!? Ma sono io? Ma sono io? " e guarda, non ero io, e pensavo "Svegliati!" volevo fare dell'altro, ed è stato come aver capito tutto, che cioè mi ritrovavo in un altro corpo che potevo solo guardare dall'esterno, ed era sempre stato così ma non me ne ero mai accorta, perché non mi ero mai guardata. E' sempre così, mi dicevo. Un corpo che reagisce agli stimoli così come è abituato, ma che non segue le direttive interne, ché non gli appartengono. Perché in quel momento il mio pensiero era qualcosa, e lui era l'altro. E sentivo lui l'altro corpo come un pupazzo di paglia profondamente stupido. Ho avuto paura, ma solo internamente. Per il resto mi toccavo sempre i capelli e mi grattavo la fronte.

V: Ma ora stai decidendo tu, no? Di scrivere... tu pensi cosa scrivere, e il corpo esegue. Non sei più in quello stato... E' capitato anche a me. E' come se qualcuno ti mangiasse l'anima, ma a piccole dosi.

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T: Vogliamo darci un abbraccio fortissimo.

---si abbracciano---

T: Ma dimmi... siamo davvero noi?

sabato 2 febbraio 2008

Invito all'ascolto: Honegger Pacific 231

A. Honegger (1892-1955)
Pacific 231

-->potete ascoltarlo qui

Nel 1918, in Francia, si forma un gruppetto molto simpatico, soprannominato Les Six (I Sei): ad utilizzare questo termine per la prima volta è il critico H. Collet che intitola un suo articolo "I Cinque russi e i Sei francesi", riferendosi al più celeberrimo Gruppo dei Cinque della generazione passata i cui membri erano Mussorgskij, Cui, Borodin, Rimskij-Korsakov e Balakiriev, tutti rimasti nella storia della musica per almeno una composizione importante (tranne Cui che poveretto è quasi completamente obliato).
I Sei invece sono: D. Milhaud, F. Poulenc, A. Honegger, G. Auric
, C. Durey e G. Tailleferre. In realtà manca il principale animatore del gruppo, nonché guida spirituale: E. Satie, della cui Musique d'Ameublement ho dato qualche appunto pochi giorni fa.
Altra figura importante di questo gruppo è J. Cocteau, fornitore di libretti sur-reali. Ricordiamo che i Sei si trovavano perfettamente a loro agio nell'ammettere l'estetica di Cocteau espressa nell'articolo Le Coq et l'Arlequin, dove un eclettico Arlecchino, capace di qualche modernità però subito soppressa, viene paragonato al gallo "che dice Cocteau due volte e abita la sua fattoria" (notare il gioco di parole tra Coq e Cocteau).
Insomma, piena avanguardia inizio secolo.

Un ritratto di A. Honegger

Un personaggio che riesce più di altri a discostarsi dall'etichetta di "semplicità a tutti i costi" proprii dell'estetica dei Sei è Honegger. In realtà a quanto pare i suoi rapporti con gli altri simpaticoni non furono sempre buoni: i suoi allegri compari ostentavano un nazionalismo da quattro soldi che li portò addirittura a diffidare del buon Honegger perché svizzero. Il gusto di Honegger è "macchinistico": innamorato delle locomotive, dedicherà il suo pezzo più celebre e più eseguito proprio al Pacific 231: composto nel 1923 l'idea è quella di ricostruire con un'orchestra i suoni e i rumori di questo mostro di 300 tonnellate mentre progressivamente raggiunge i 120 km/h. In realtà siamo ancora lontanissimi dalla musica concreta del tipo di quella inizio anni Cinquanta, ma il pezzo è comunque interessante per la potenza sonora coinvolgente, per i frammenti melodici dal ritmo interessante e per la fantasia dei colori.

Tanto per la cronaca, questo pezzo fa parte di tre movimenti sinfonici, di cui l'altro famoso è Rugby. Honegger fu molto prolifico: ricordiamo tra le tante cose la stesura di 5 sinfonie dal 1930 al 1951, per il teatro l'opera Aiglon e Jeanna d'Arc au Bucher (1937-38). Alla fine della sua vita divenne comunque un "conservatore illuminato", facendosi influenzare dallo stile wagneriano che, in gioventù, il suo gruppo disprezzava.
Giusto per sapere, il Pacific 231 è della classe di locomotive a vapore 4-6-2: quattro ruote pilota, sei ruote guida e due ruote trainanti; in Francia, dove invece si descrivono gli assi più che le ruote questo modello viene appunto chiamato 231.
Il pezzo è breve e godibilissimo, quindi non credo ci sia bisogno di aggiungere pedanti istruzioni analitiche. Buon ascolto!

Il mastodontico Pacific 231

venerdì 1 febbraio 2008

Ha-ha-ha-ha-ha. Ah!