venerdì 27 marzo 2009

pianificazione centrale


Avete presente il mio precedente post? Ho trovato alcune correlazioni con questo brano di M. Friedman, in "Liberi di scegliere" ed. Tea p.29; comunque è interessante da leggere.

"Generalmente si ritiene che la "mano invisibile" di Adam Smith si riferisca agli acquisti e alle vendite di beni e servizi in cambio di denaro. Ma l'attività economica non è affatto la sola area della vita umana in cui una struttura complessa e sofisticata sorge come conseguenza non intenzionale della cooperazione di un gran numero di individui, ognuno dei quali persegue i suoi interessi.
Prendiamo, per esempio, la lingua. Essa ha una struttura complessa in continua evoluzione. Ha un ordine ben definito, che però non è stato pianificato da nessun organismo centrale. Nessuno ha deciso le parole da introdurre nella lingua, le regole grammaticali, oppure quali parole dovevano essere aggettivi e quali sostantivi. L'Accademia di Francia si propone di controllare i mutamenti nella lingua francese, ma si tratta di un fenomeno relativamente recente. L'Accademia di Francia fu istituita molto tempo dopo che il francese era già una lingua altamente strutturata e la sua funziona consiste principalmente nel ratificare cambiamenti sui quali non ha nessun controllo. Quanto alle altre lingue, sono poche quelle che hanno un organismo del genere.
Come si sviluppa una lingua? In gran parte nello stesso modo in cui un sistema economico si sviluppa attraverso il mercato: attraverso la volontaria cooperazione tra individui, che in questo caso cercanodi scambiare idee o informazioni o chiacchiere invece di merci e servizi.
A una parola viene attribuito questo o quel significato e, quando se ne presenta l'esigenza, si aggiungono nuove parole. Si sviluppano usi grammaticali che solo più tardi vengono codificati in regole. Due parti che desiderano comunicare tra di lor,o traggono entrambe vantaggio dal fatto di essere giunte a un accordo sulle parole da usare. Mano a mano che una cerchia sempre più grande di uomini trova vantaggioso comunicare gli uni con gli altri, si diffonde un uso comune che vene codificato nei dizionari. Non vi è mai coercizione, né l'intervento di un pianificatore centrale* con il potere di impartire ordini, benché negli anni più recenti il sistema della scuola pubblica abbia giocato un ruolo importante nella standardizzazione dell'uso."

*nel mio dialogo era appunto prevista la pianificazione centrale del linguaggio. Molte cose, chiaramente funzionali in una organizzazione libera, sembrano assurde a chi è abituato a vederle pianificate dall'alto. In un regime dove i matrimoni vengono scelti da organi appositi potrebbe sembrare assurdo l'idea di scegliere liberamente il proprio partner (immaginate le possibili obiezioni: "poi la società va in frantumi" "le persone non possono scegliere da sole con chi andare,
si farebbero errori gravissimi sulla valutazione del partner" "e poi rimangono quelli senza partner! Chi pensa a loro?" ecc.);
allo stesso modo molte cose che a noi sembrano funzionalmente impossibili se svincolate da una pianificazione centralizzata potrebbero essere gestite con altrettanta facilità (e più efficacemente) da un società libera.

martedì 24 marzo 2009

The Genius Of Charles Darwin - R. Dawkins

Avete presente il documentario su Darwin con Dawkins che ha fatto sentire molti italiani non angloparlanti un po' più tristi?

Ebbene, siate felici! Il team di Italian Subs infatti sta postando i sottotitoli delle varie parti (per ora sono state subbate la prima e la seconda di tre puntate).

>Qui i sottotitoli<

Ovviamente il modo in cui vi procurate il video non è né affar mio né di Italian Subs.

Vivi ringraziamenti a questi ragazzi senza i quali non capirei nulla di piccoli capolavori come 30 rock, How I Met Your Mother e da oggi anche The Genius of C. Darwin. : )

Un breve dialogo in un futuro imprecisato, forse impossibile

A: Autogestione? Sei matto!? Lo Stato è ESSENZIALE nella regolazione delle cose. Se non ci fosse nessuno dall'alto che regoli le cose il risultato sarebbe il caos.

B: Io non la penso così. Nessuno ama il caos, tranne qualche folle. Basta questo per farti capire che la tua idea di autogestione è diversa dalla mia.

A: Beh, ma ad esempio... con l'utilizzo delle parole? Ti piacerebbe che le parole venissero usate "liberamente", come dici tu?

B: Sì, noi pensiamo che la creazione delle parole nuove debba essere libera e non sottoposta ad una gestione stalizzata.

A: Sei pazzo! Allora ognuno si potrebbe svegliare la mattina e inventare la parola che preferisce. Cosa faresti se durante la lezione la tua professoressa iniziasse ad usare parole non approvate? Tutti parolerebbero di cose che nessun altro capisce! Caos!

B: Non andrebbe assolutamente così.

A: Sentiamo! Io mi sveglio ed invento una parola.

B: Beh, se inventi una parola, allora questa parola verrà giudicata dalle persone a cui la dici. Se è una parola buona verrà utilizzata, altrimenti decadrà da sola. Il processo sarà autogestito.

A: Ma questo è folle! Non accadrà così! Ci vuole QUALCUNO di superiore che decida quali parole ci devono essere.

B: Non secondo noi.

A: Io invento questa parola che non viene accettata, ma continuo ad usarla. Sai cosa succederà?

B: Sì, che la gente non ti capisce e non vorrà più parlare con te.

A: Ok, e mettiamo che c'è un gruppo di persone che decida di inventare una nuova parola. Queste persone, senza autorizzazione statale, utilizzano e diffondono questa nuova parola. Immagini che casino?

B: Non ci sarà nessun casino. Le persone valuteranno le parole migliori, e useranno quelle. Ma soprattutto nessuno ti dice che le parole inventate da privati siano peggio di quelle inventate dallo Stato. Hai presente scarfetrài? Che cazzo di parola è? Credi che la "Scarf & Tray" non abbia influito su questo?

A: Non lo so... Ma... così ognuno decide per sé!

B: Sì.

venerdì 20 marzo 2009

La consapevolezza ci renderà liberi (parte 2)

-Continua dalla parte 1-

Ho dunque affermato che il Modello Ottimista ci dice che non commettiamo mai errori, che ogni nostra azione è un bene per noi IN OGNI SITUAZIONE, anche in situazioni coercitive.
Eppure c'è un errore.


IL MODELLO OTTIMISTA PERFETTO

Ammettiamo che il MO non abbia errori. Ho fin ora affermato che ogni nostra azione è un bene per noi. In realtà ciò non è proprio corretto: non solo ogni nostra azione è un bene per noi, ma è IL MIGLIOR BENE POSSIBILE. Infatti, se una nostra azione per noi è bene, e un'altra per noi è "molto bene", allora di certo sceglieremo la "molto bene", perché altrimenti non la chiameremo "molto bene".
E se non siamo capaci di compiere l'azione "molto bene"?
Allora sceglieremo l'azione appena un po' meno bene. Non sto dicendo che potremo sempre compiere l'azione MIGLIORE in assoluto, ma che compieremo l'azione MIGLIORE POSSIBILE. Ecco, secondo il MO, noi compiamo sempre l'azione migliore possibile.
Possiamo chiamare questo modello "Ottimista Perfetto" (MOP). E' un nome come un altro. Quindi da ora in poi non parlerò più di MO ma di MOP.

Una domanda è legittima: se ho già detto che considero il MO errato, che bisogno c'è di complicare ancora le cose aggiungendo quest'altro modello, a sua volta errato? Il motivo c'è, e lo vedremo in seguito. Ora arriva la parte importante.

L'ERRORE DEL MOP
Come vedremo, l'errore nel MOP è ovvio, ma io l'ho mascherato. Ora che ve lo rivelerò rimarrete un po' delusi; le osservazioni successive, invece, vi ripagheranno.
Analizziamo nuovamente il problema della conoscenza proposto nel post precedente.

"Immagina che io mi faccia operare da un dottore con dubbie capacità. Io però non so che il dottore ha dubbie capacità. Una volta sotto i ferri, il dottore mi uccide."

Ho risolto questo problema dicendo che, se il paziente non ha indagato sull'abilità del dottore, vuol dire che non gli conveniva valutare l'abilità del dottore (altrimenti l'avrebbe fatto, no?). Come detto prima, raccogliere informazioni è faticoso, quindi qualcuno potrebbe anche non volerlo fare. Messo in questi termini il ragionamento è corretto. Eppure, immaginiamo che l'opzione "indagare sulle capacità del dottore" non sia proprio balenata nella testa del nostro paziente sfortunato. In questo caso, quale valutazione avrebbe mai potuto fare su qualcosa che non ha neanche pensato? Non possiamo usare il trucco usato precedentemente, e cioè non possiamo dire "se non ci abbiamo pensato è perché per noi non era importante pensarci, altrimenti ci avremmo pensato". Praticamente il paziente era inconsapevole del fatto che avrebbe potuto pensare di dover fare qualche indagine.
Eccoci al punto chiave: ESSERE CONSAPEVOLI di qualcosa è un parametro completamente diverso da quelli precedenti, e non si può risolvere con i soliti metodi. Il ragionamento di cui sopra non funziona perché non scegliamo noi su cosa essere consapevoli o meno, lo siamo e basta. Dire "se non siamo stati consapevoli vuol dire che non ci importava" è scorretto: se non siamo consapevoli di x (x=qualsiasi cosa su cui ci basiamo per compiere un'azione, quindi qualsiasi cosa), non possiamo dare alcuna valutazione su x. Inoltre non possiamo scegliere di essere consapevoli di qualcosa. Se possiamo dare qualche giudizio su x, è perché siamo consapevoli di x.

C'è da dire che i ragionamenti applicati agli esempi sul MO e sul MOP non sono sbagliati. Il problema è che ragionamenti di quel tipo sono applicabili solo agli eventi di cui siamo consapevoli. E' importante precisare che per qualsiasi evento x di cui siamo consapevoli, i metodi utilizzati nel MOP sono validi. Questo vuol dire che il MOP non è da gettare. Se fossimo consapevoli di tutto, il MOP non solo sarebbe giusto, ma lo daremmo per scontato (e cioè, se fossimo consapevoli di tutto sarebbe vero, come dimostrato in precedenza, che in qualsiasi situazione faremmo sempre il nostro bene e non commetteremo mai errori). Questo è un passo fondamentale.

Ora devo dimostrare due cose.

1) NON ABBIAMO LA SICUREZZA DI ESSERE CONSAPEVOLI DI TUTTO: questo vuol dire che ci sarebbe sempre qualche valore x che ci sfugge. Infatti, quando siamo inconsapevoli di x, noi non sappiamo di essere inconsapevoli di x, e quindi in linea teorica potrebbe sempre esserci un x di cui siamo inconsapevoli (dato che non lo sapremmo). Per chiarire meglio: "essere inconsapevole di x" non è, per definizione, qualcosa che arriva alla coscienza (altrimenti saremmo consapevoli di x). Questo vuol dire che in ogni nostro ragionamento potrebbe sempre esserci qualcosa di cui siamo inconsapevoli.

[da notare che non sto dicendo che c'è sempre qualcosa di cui siamo inconsapevoli; quest'ultima affermazione non è vera. Sto dicendo che, anche se fossimo consapevoli di tutto, non potremmo mai averne la certezza]

2) ESISTONO GLI ERRORI; GLI ERRORI SONO DOVUTI AL FATTO CHE SIAMO INCONSAPEVOLI DI X: Notiamo infatti che il modello MOP prevede che facciamo sempre il meglio possibile perché non tiene conto degli eventi inconsapevoli. Ogni valutazione avviene su un x consapevole. Come già detto, se tutto fosse consapevole, il modello MOP sarebbe giusto. Però ci sono cose su cui non possiamo compiere alcuna valutazione. Quando non possiamo valutare qualcosa, allora non possiamo modificare le nostre azioni di conseguenza-> se esiste qualcosa che non possiamo valutare, potremmo commettere errori (questo perché, per qualsiasi cosa che potremmo valutare, si applicherebbe il ragionamento fatto con il MOP) (ovviamente, come già avrete capito dal post precedente, errore è qualsiasi cosa che non è nostro bene).
Giacché, come dimostrato nel punto 1, non abbiamo sicurezza di essere consapevoli di tutto, potrebbe esistere qualcosa che non possiamo valutare->potremmo commettere degli errori-> gli errori sono dovuti dal fatto che siamo inconsapevoli di x-> se facciamo qualche errore, è perché siamo inconsapevoli di x.

Ho dimostrato quindi che (1)potremmo essere inconsapevoli di qualcosa; (2) solo se siamo inconsapevoli di qualcosa POTREMMO commettere degli errori.

[questo non vuol dire che ogni volta che siamo inconsapevoli di qualcosa facciamo un errore. Potremo essere inconsapevoli di qualcosa e il risultato potrebbe essere un nostro bene. D'altra parte, qualsiasi errore può derivare SOLO dal fatto di essere inconsapevoli di qualcosa].

da questo deriva che non potremmo mai essere sicuri in anticipo di non commettere qualche errore. Questo coincide con il nostro senso comune. Infatti, se siamo consapevoli di x, con un x che ci fa commettere un errore (definendo errore ciò che non è il nostro bene), noi non faremo x. Tra l'altro, se questo x è inconsapevole, noi non lo sapremmo, e visto che non sappiamo di cosa siamo inconsapevoli, non potremmo mai essere sicuri che non ci sia un x che ci fa commettere errori: non saremo mai sicuri di fare qualcosa che non comporti errori.
Come vedremo questo è il problema fondamentale che risolverò in seguito (vedi "Il nuovo grande Modello Ottimista Perfetto & Corretto").

Tutte queste chiacchiere potrebbero avervi confuso, quindi ora farò un esempio che spero potrà chiarire i concetti.

PAPERON DE' PAPERONI FA IL MIGLIOR AFFARE POSSIBILE
Paperon de' Paperoni durante la giovinezza ha fatto qualcosa di cui non andar fiero. Allo scopo di comprare un pezzo di terra abitato da una tribù di indigeni, contatta il capovillaggio. Per comprare la terra Paperon de' Paperone offre un nichelino senza valore all'indigeno. Quest'ultimo, vedendo il bell'oggetto e rimanendone affascinato, accetta l'offerta. Perde tutta la terra in cambio di un nichelino di nessun valore.
Quindi, analizziamo questa situazione con il MOP.

il MOP ci dice che entrambi gli individui non solo hanno fatto il loro bene, ma hanno fatto la migliore azione che potessero mai fare in quel momento. Sebbene sia evidente che Paperon de' Paperoni ha concluso un grande affare, il MOP dice che anche l'indigeno ha fatto il suo maggior bene possibile, giacché ha valutato il nichelino più della sua terra. L'ovvia replica è che l'indigeno ignora che il nichelino non vale nulla. Il MOP risponde che se l'indigeno non si rende conto che il nichelino non vale nulla, questo è perché non ha fatto delle ricerche approfondite. Se non le ha fatte, vuol dire che queste ricerche non valgono abbastanza per lui.
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L'errore è nella frase arancione. Se l'indigeno non si rende conto di x, allora l'indigeno non potrà fare alcuna valutazione su x (il concetto di valutazione ci sarà molto utile dopo). Infatti, l'indigeno non ha fatto alcuna valutazione sulla probabilità che il nichelino valesse qualcosa, giacché era inconsapevole che il nichelino potesse non valere niente (cioè, il pensiero che il nichelino potesse non valere qualcosa non gli è proprio balenato nella testa). Non è colpa sua: non si sceglie di cosa essere consapevoli o meno.
Mettergli in testa cose del tipo "l'indigeno non ha fatto ricerche approfondite perché queste ricerche non valgono abbastanza per lui" vuol dire fare asserzioni su ciò di cui è consapevole o meno che nessuno ci autorizza a fare.
Non vale quindi dire che, se l'indigeno ha fatto ciò che ha fatto, è perché valutava giusto farlo. L'indigeno non può fare una valutazione su ciò di cui non è consapevole. Quindi, l'indigeno potrebbe non aver fatto ciò che è bene per lui (e infatti, almeno dal nostro punto di vista, non l'ha fatto).

Eccoci qui. Ho dimostrato che il MOP è sbagliato in tutti quei casi in cui ci sono di mezzo degli eventi inconsapevoli (e cioè, in credo tutti i casi possibili). Sono molto soddisfatto. Non mi fermo qui.

IL NUOVO GRANDE MODELLO OTTIMISTA PERFETTO & CORRETTO
Quindi, se noi fossimo consapevoli di tutto, il MOP avrebbe ragione e noi faremmo non solo il nostro bene, ma il nostro miglior bene possibile. Purtroppo, come dimostrato in precedenza, anche nel caso in cui siamo consapevoli di tutto, noi non lo sapremmo (vedi sopra, dimostrazione 1). Inoltre, prima ho affermato che è impossibile essere sicuri di non commettere errori, giacché gli errori derivano da x inconsapevoli (vedi sopra, la scritta in rosso).
Tutti noi vorremmo fare il nostro miglior bene possibile; tutti noi vorremo non commettere mai errori. Quindi vale la pena riflettere un po' su sulla faccenda e vedere se riusciamo a risolverla.


Notiamo che il problema degli eventi inconsapevoli è che non ci permettono di fare valutazioni su essi stessi. Se facciamouna valutazione su x, allora questo vuol dire che siamo consapevoli di x. Se non vogliamo fare una valutazione approfondita di un x consapevole, non c'è alcun problema: vuol dire che il costo di fare una valutazione approfondita supera i benefici aspettati. Il punto è che quest'ultimo ragionamento, che ci permette di fare sempre la scelta giusta, si applica solo alle valutazioni consapevoli.
Quindi: dovremo trovare un modo di fare valutazioni su x inconsapevoli. Questo ci permetterebbe di aggirare qualsiasi ostacolo e di non commettere mai errori (come detto sopra, nella dimostrazione 2, solo se esiste qualcosa che non possiamo valutare potremmo commettere errori).

Ecco la soluzione. E' una soluzione a mio parere molto elegante, quindi ne vado fiero.

Il nostro scopo è riuscire a fare valutazioni su cose di cui siamo inconsapevoli->
la valutazione è possibile solo se siamo consapevoli di qualcosa-> per poter fare una valutazione su qualcosa di cui siamo inconsapevoli dobbiamo inserire la possibilità che ci sia un evento inconsapevole in un evento consapevole-> per poter fare una valutazione su qualcosa di cui siamo inconsapevoli è sufficiente essere Consapevoli che ci potrebbe essere qualcosa su cui siamo Inconsapevoli
.
Non c'è nulla di impossibile in ciò.


Prima ho affermato che è impossibile essere consapevoli di essere inconsapevoli di x, e qualcuno può pensare che mi stia contraddicendo. Ma non mi sto contraddicendo. Infatti noi non saremmo consapevoli di essere inconsapevoli di x (che è appunto una contraddizione, visto che siamo inconsapevoli di x e quindi non conosciamo x), ma saremmo consapevoli del fatto che potremmo sempre essere inconsapevoli di qualcosa! E' impossibile conoscere una x inconsapevole, non è impossibile immaginare che questa x esista.
In pratica in ogni nostro ragionamento dovremmo "sapere" che potrebbe sfuggirci qualcosa (e quindi valutare la consapevolezza di x dove x=possibilità che ci sia qualcosa di inconsapevole).
E' così ovvio! Lo diceva anche Socrate, che era tanto saggio perché sapeva di non sapere.
Mi sembra di essere riuscito a formalizzare questo concetto in una maniera assolutamente nuova e soprattutto corretta. Non credo di aver fatto errori.

Quindi, anche se noi non conosciamo "x inconsapevole e probabile causa di errori", noi sapremmo che potrebbe esserci un x inconsapevole, valuteremo questa consapevolezza e agiremo di conseguenza. In questo modo ogni nostra azione sarà frutto di una valutazione TOTALE, sia di eventi consapevoli che dei possibili eventi inconsapevoli. (possibili perché, ricordo, potrebbe anche non esserci qualche evento inconsapevole [non lo sapremmo->vedi sopra]).
Dunque se siamo Consapevoli che potremmo essere Inconsapevoli di qualcosa rientreremo nelle grazie del MOP e cioè FAREMO IL NOSTRO MAGGIOR BENE POSSIBILE. Non ci serve nient'altro che questo. Dobbiamo semplicemente AGIRE, e in più SAPERE che potremmo commettere degli errori (il che equivale a considerare che potrebbe esserci qualcosa di cui siamo inconsapevoli). Inoltre in questo modo non commetteremo mai degli errori. Infatti, se siamo consapevoli che potrebbe esserci qualcosa di inconsapevole che potrebbe farci commettere degli errori, agiremo di conseguenza valutando l'evento consapevole x (x=possibilità che ci sia qualcosa di inconsapevole) (anche se non sappiamo quale evento x inconsapevole potrebbe farci commettere degli errori, noi terremo conto che POTREBBE esserci qualche evento x che potrebbe farci commettere degli errori, quindi agiremo di conseguenza).


L'unico problema è che, come detto in precedenza, noi non possiamo scegliere di essere consapevoli di qualcosa, lo siamo e basta. Quindi, ugualmente, non scegliamo di essere "Consapevoli della possibiltà di essere Inconsapevoli", potremmo esserlo o non esserlo. Infatti, se fossimo "Inconsapevoli del fatto che dovremmo essere "Consapevoli della possibilità di essere Inconsapevoli"", non lo sapremmo, perché siamo inconsapevoli di ciò.
Quindi, come fare ad essere Consapevoli della possibilità di essere Inconsapevoli? E cioè, come fare a fare il nostro miglior bene possibile?
Niente, non possiamo sceglierlo. C'è da dire che non è poi così grave: dopo aver letto questo post molti di voi saranno consapevoli che "essere consapevoli della possibilità che potrebbero essere inconsapevoli di qualcosa" porta il beneficio di fare la miglior azione possibile. Non sceglierete di essere consapevoli di essere inconsapevoli, ma dopo aver letto tutto ciò probabilmente lo sarete.
In altre parole il mio post potrebbe attivare nel vostro cranio i neuroni necessari per il comparire della consapevolezza della possibilità che voi potreste essere inconsapevoli di qualcosa.


Un esempio veloce: un uomo si trova ad attraversare un ponte pericolante. Non gli passa neanche per la testa che il ponte potrebbe essere pericolante, e quindi inizia ad attraversare. Questo tipo però ha letto il mio post, e si ricorda che per fare l'azione migliore possibile dovrebbe essere consapevole che potrebbe esserci qualche cosa di inconsapevole che potrebbe fargli commettere degli errori.
Dunque valuta la possibilità che possa esserci qualche evento inconsapevole che potrebbe indurlo in errore nel suo agire (in questo caso, come NOI sappiamo e lui no, quest'evento è"il ponte è pericolante"). Quindi se quest'uomo decide comunque di attraversare, si assume un rischio che ritiene superiore dell'ipotetico danno dovuto a qualche errore derivante da qualche evento inconsapevole che non conosce ma che ha valutato (infatti, si è ricordato che ci sarebbe potuto essere qualche evento di cui non era consapevole).
Se non attraversa, ovviamente, vuol dire che ritiene che ci possa essere qualche evento inconsapevole che potrebbe arrecargli un danno maggiore del beneficio avuto dall'attraversamento del ponte. Non saprà qual è quest'evento potenzialmente dannoso, ma avrà fatto una valutazione su di esso.
In ogni caso, una volta effettuata la valutazione della possibilità di essere inconsapevoli di qualcosa (valutazione IMPLICATA alla consapevolezza che ci possa essere qualcosa di cui potremmo essere inconsapevoli) l'uomo farà INEVITABILMENTE la migliore scelta possibile e sarà IMPOSSIBILITATO a commettere errori .

[una volta che siamo diventati consapevoli di poter essere inconsapevoli di qualcosa non potremo fare un errore neanche volendo]


Ecco qui. Sono riuscito a dimostrare che E' possibile per noi agire nel miglior modo possibile, è possibile per noi agire rendendo impossibile qualsiasi errore; certo, non è inevitabile. Il MOP non è sempre vero. E' meraviglioso il fatto che potrebbe esserlo, e che a voltelo è.

per concludere:
almeno metaforicamente, la consapevolezza (dell'inconsapevolezza) ci renderà liberi.
Per essere più precisi, essere consapevoli di essere inconsapevoli IMPLICA che agiremo sempre nel modo migliore possibile e che saremo fisicamente IMPOSSIBILITATI a commettere errori. Inevitabilmente.

Possiamo chiamare questo modello "Ottimista Perfetto & Corretto", oppure possiamo chiamarlo "Ragionamento Lunghissimo Ridondante e Noioso".
Io ho finito. Spero che non abbiate trovato tutto ciò fine a se stesso. Io ho imparato qualcosa, e sento di aver imparato qualcosa di importane. Non ho compiuto errori, che io sappia. Certo, come ho dimostrato sopra, ci potrebbe sempre essere qualcosa di cui sono inconsapevole senza ovviamente esserne consapevole. Però, giacché ne ho tenuto conto, posso dire che scrivere questo post è stata la mia miglior azione possibile e che in effetti non ho compiuto errori.

Bene. Saluti.

La consapevolezza ci renderà liberi (parte 1)

Questo post e il seguente sono incredibilmente importanti. Non solo sono interessanti, ma sono anche corretti. I ragionamenti contenuti in questi post hanno cambiato, almeno un po', la mia visione del mondo. Se avrete la pazienza di leggere tutto, potrebbero cambiare anche la vostra. Cercherò di essere il più sintetico possibile.


MODELLO STANDARD DELLO SCAMBIO

Quello che io chiamo ora Modello Standard dello Scambio ha probabilmente un nome diverso, che non conosco; lo chiamerò pertanto Modello Standard dello Scambio. Il MSS ci dice che qualsiasi scambio tra due o più persone è un beneficio per tutte le parti in causa. Molti di voi conosceranno già quest'idea, ma per chi non ne è al corrente farò un esempio esplicativo.

Caio ha un tot mele che, secondo il suo parere, valgono 6 euro. Questo vuol dire che non venderò mai le sue mele a meno di 6 euro, perché altrimenti si terrebbe le mele, giacché per lui valgono 6 euro. Tizio ha bisogno delle mele. E' disposto a spendere per le mele sino a 10 euro. Cioè, il valore delle mele è per lui di 10 euro, e non ha intenzione di spendere più di 10 euro.
Quando Tizio e Caio si incontrano, inizieranno a discutere sul prezzo. Il prezzo, come abbiamo visto, può oscillare da "più di 6 euro" a "meno di 10 euro". E' assolutamente impossibile che lo scambio avvenga superando quei limiti: come abbiamo visto, sorpassare quei limiti rende lo scambio sconveniente per una delle due parti, che non accetterà. I due quindi scambiano le mele a, ipotizziamo, 8 euro.
Entrambi ci guadagnano: Caio, che valutava le sue mele 6 euro, guadagna 2 euro. Tizio, che valutava le mele 10 euro, ne guadagna anch'esso 2, perché era disposto a spendere sino a 10 euro, e invece ne spende 8.
Questo dimostra che lo scambio è SEMPRE conveniente per entrambe le parti.

obiezione dell'ingenuità: sì, ok, è conveniente, ma ci sono tante cose che non hai considerato. Possiamo ad esempio essere PORTATI a volere delle mele da cause esterne, ad esempio se siamo molto affamati.

Nessun problema. La bellezza del MSS è che include tutte le possibilità su ciò che desideriamo.
Se ad esempio Tizio è molto affamato potrebbe desiderare le mele sino a decidere di poter spendere per esse 15 euro. In questo caso Caio può chieder qualsiasi quantità di denaro inferiore a 15 euro. Anche in questo caso, ENTRAMBI CI GUADAGNANO SEMPRE.

obiezione dell'apprensivo: e se Tizio valuta le mele 15 euro, ma non ha 15 euro?

E' possibile che Tizio valuti il suo bisogno di mele pari a 15 euro, non avendo comunque 15 euro. E' difficile che ciò accada: vuol dire che Tizio non ha possibilità di guadagnare, non ha risparmiato abbastanza euro, non può chiedere un prestito a nessuno, non può offrire alcun tipo di lavoro che gli permetta di arrivare a 15 euro. A me sembra davvero una condizione rara.
Comunque, ammettiamo che avvenga. Tizio può provare in questo caso a scambiare le mele per un qualunque prezzo superiore a 6 (il valore delle mele per Caio) e pari ai soldi che possiede in quel momento. Se Caio non trova persone che possono spendere di più, o vuole fare una buona azione, può vendere le mele a Tizio ad un prezzo appena superiore a 6 euro. Cioè, se Tizio ha 8 euro, lo scambio può avvenire solo se Caio è disposto guadagnare massimo 2 euro. Se lo scambio avviene, entrambi ci guadagnano, anche chi come Tizio non ha una quantità di soldi pari al valore che associa alle mele.

obiezione del ladro: e se Tizio non ha neanche un tot di soldi appena superiore a 6 euro? Se Tizio ha 5 euro o 0 euro?

Allora lo scambio non avviene, oppure avviene un furto. Il fatto che Tizio desideri le mele non gli dà il diritto di ottenere le mele, giacché l'unico modo, nel nostro caso, è rubarle a Caio (il quale non le venderebbe mai per 5 euro o per 0 euro). Questo non è un beneficio per entrambe le parti, ma solo per Tizio. Ma questo non falsifica il nostro modello, che ci dice che lo SCAMBIO è sempre un beneficio, non il furto.

L'IMPORTANZA DELLA CONOSCENZA IMPERFETTA
obiezione dell'egualitarista: qualcuno potrebbe pensare che in questo modo Caio ci guadagni molto. Infatti, immaginiamo che Tizio valuti le mele 15 euro e abbia 15 euro. Le mele possono essere pagate quindi sino a (se ragioniamo per interi) 14 euro. In tal caso Caio guadagna 8 euro (14-6) e Tizio solo 1 euro (15-14). Entrambi hanno un beneficio, ma Caio ha un beneficio troppo elevato! Non è giusto!

In realtà, anche supponendo che Caio e Tizio debbano guadagnarci in maniera eguale, è difficile che Caio riesca a spillare fino all'ultimo centesimo a Tizio. Come mai? A causa della sua scarsa conoscenza.
Il punto principale è che Caio non sa quanto Tizio è disposto a spendere per le mele. Se Caio chiede 14 euro, Tizio potrebbe bluffare e cercare di ottenere un prezzo più vantaggioso. Caio non vuole perdere nessun affare che per lui valga più di 6 euro (il prezzo che attribuisce alle mele), quindi sarà disposto anche a venderle a 9 euro. Certo, è più vantaggioso guadagnare 14 euro che 9 euro, ma Caio, non sapendo che Tizio può spendere sino a 15 euro, NON paragonerà 9 euro a 14 euro, ma 9 euro contro 6 euro (il valore delle sue mele, e cioè la possibilità che Tizio, non avendo soldi, si ritiri dall'affare). In ogni caso, entrambi ci guadagnano. La scarsa conoscenza che ha Caio nei confronti di Tizio è, dal nostro punto di vista, un elemento positivo, in quanto impedisce ad una delle due parti di ottenere il suo massimo profitto possibile (anche se molti di noi potrebbero pensare che non c'è alcun motivo per non desiderare che Caio ottenga il massimo profitto possibile).
Abbiamo visto, quindi, come la conoscenza imperfetta non sia da disprezzare, anzi sia un elemento probabilmente positivo (o, al massimo, neutro).

UN PASSO AVANTI
Ho illustrato il MSS perché è ragionando su di esso che sono giunto alle conclusioni seguenti. Forse ci si può arrivare anche in un altro modo, ma io ho preferito utilizzare quello che ha permesso a me di ottenere una comprensione buona dei ragionamenti che esporrò.

Il nostro passo avanti consiste nel renderci conto che, se il ragionamento alla base del MSS è valido, esso è applicabile non solo ad una situazione di scambio, ma a qualsiasi situazione. Non so quanto possiate essere d'accordo con questa affermazione, ma è difficile accettare tutto ciò che ho detto precedentemente e fermarsi lì.
Ho discusso brevemente questa idea con Maurizio Colucci, e sono stato molto contento nel sapere che anche lui la pensa come me.
Quello che voglio dire è che OGNI SINGOLA AZIONE IMPLICA NECESSARIAMENTE UN BENE PER L'INDIVIDUO. Ho esposto il MSS per arrivare a questo. Il ragionamento è il seguente: se io faccio qualcosa, vuol dire che quel qualcosa è un bene per me, altrimenti non la farei.
Questo vale per QUALSIASI azione, anche quelle che possono sembrare evidentemente un MALE per l'individuo. Maurizio fa un ottimo esempio.

"2. Se tu per errore scegli la porta con dietro il leone invece della porta con dietro il milione di dollari, e vieni quindi sbranato, aprire la porta col leone era bene per te. il paradosso si spiega col fatto la scelta non era tra un milione e il leone, ma tra un milione con probabilità 50% e un leone con probabilità 50%, o la vita con probabilità 100%. Hai scelto il rischio, il che dimostra che era meglio." [altrimenti non avresti scelto il rischio]

Non so se vi è chiaro, ma questo modello implica che E' IMPOSSIBILE COMPIERE ERRORI. Come nell'esempio precedente, andare nelle fauci del leone sembra un errore, ma non è così. Valutiamo una probabilità, un rischio, una grande ricompensa. Se, nonostante tutto, "rischiamo", vuol dire che il rischio è la cosa migliore per noi, altrimenti non avremmo rischiato. Il rischio (in questo caso) è un bene per noi.

Secondo punto importante: questo ragionamento non vale solo in caso di una libera scelta, ma anche in caso di una scelta non libera. Utilizzo un altro esempio di Maurizio:

"3. se io ti punto una pistola alla tempia e ti dico "o la borsa o la vita", e tu scegli di darmi la borsa, significa che darmi la borsa è bene per te."

Non sto dicendo che "desidereremmo" essere in una situazione dove un tizio ci punti una pistola alla tempia. Sto dicendo che, in una situazione simile, QUALSIASI SCELTA che faremmo, sarà sempre UN BENE PER NOI.

Quindi, riassumendo, abbiamo dimostrato che qualsiasi nostra azione è un bene per noi in qualsiasi situazione, e che non commettiamo mai errori. Possiamo chiamare questa teoria "modello positivista" o "Modello Ottimista"(MO), visto che ci dice che andiamo sempre benissimo.

La prossima obiezione è molto importante.

IL (FALSO) PROBLEMA DELLA CONOSCENZA
Obiezione della conoscenza: Immagina che io mi faccia operare da un dottore con dubbie capacità. Io però non so che il dottore ha dubbie capacità. Una volta sotto i ferri, il dottore mi uccide. Dov'è la mia azione qui? Io non ho scelto di essere ucciso. Questo è evidentemente un caso in cui compio un errore, e cioè andare da questo dottore.

Il modello ottimista risolve anche questo problema. Infatti, noi siamo morti sotto i ferri del dottore perché non sapevamo che il dottore fosse un cattivo dottore. Ma perché non lo sapevamo? Perché non ci siamo informati abbastanza. Ottenere conoscenza ha un costo, che è la fatica di informarsi. Se non ci siamo informati vuol dire che per noi informarsi non valeva abbastanza, altrimenti ci saremmo informati; quindi, quando abbiamo deciso di "rischiare" e andare da un dottore di cui non avevamo informazioni, abbiamo deciso che questo era un bene per noi (infatti, abbiamo valutato che informarsi sulle capacità di questo dottore era troppo faticoso rispetto al vantaggio che avremo avuto dall'informarci). La conoscenza non è obbligatoria; inoltre ha un costo. Non siamo obbligati ad ottenere conoscenza, se valutiamo che la fatica per ottenerla non è un bene per noi. Se agiamo "sconsideratamente" a causa della nostra ignoranza, vuol dire che lo facciamo perché questo è un bene per noi.

Spero di essere stato chiaro sino a qui.

Fino a questo momento abbiamo trovato un modello che ci dice che, sempre e comunque, quello che facciamo è un bene per noi. E' un modello non solo elegante e interessante, ma anche corretto. Se, nonostante tutte le argomentazioni, qualcosa ci urta nell'idea che è impossibile per noi commettere errori, questo non vuol dire che il modello è errato. Il nostro senso comune, che urla e si ribella, potrebbe sbagliarsi.


NASCITA E CADUTA DEL MODELLO OTTIMISTA
In realtà, tutte le volte che ho detto che questo modello è corretto ho mentito.
Nel prossimo post dimostrerò che questo modello ha UN SOLO PROBLEMA. Questo problema creerà tante grane, ma ci permetterà di ottenere una nuova visione del mondo.

[forse qualcuno di voi ha già individuato il problema. E' uno solo, perciò se due di voi hanno opinioni diverse, uno di voi si sbaglia]

Sopportare di leggere tutto ciò per poi venire a sapere che tutto ciò è sbagliato potrebbe infastidirvi. Comunque, era essenziale presentare il Modello Ottimista (MO). Dimostrare perché è sbagliato vi ricompenserà più che abbondantemente (non ho dubbi su questo).

Vedremo che, comunque, potremo salvare in parte il MO; perderemo qualcosa, ma guadagneremo così tanto che ciò sarà un bene per noi, e sarà un bene enorme.

-continua nella parte 2-

domenica 15 marzo 2009

Una seria risposta a L'estinto

L'estinto in questo post nota alcune incongruenze nel mio ragionamento. Devo ammettere che ho trovato le sue argomentazioni "forti" (e lo ringrazio per l'attenzione che mi dedica); nonostante questo, continuo a credere nella bontà del mio metodo. Intendo spiegarne i motivi, e in tal modo ne approfitto per ribadire alcuni concetti già proposti e proporrò anche idee che ritengo per lo meno originali.

Prima di iniziare sottolineo che il mio ragionamento vorrebbe essere leggermente diverso dalla scommessa di Pascal. Pascal, mi sembra di ricordare, si riferiva ad un tipo di divinità particolare (cioè, scommetteva di credere ad un Dio cristiano), che richiedeva diversi sforzi (ad esempio "andare a messa la domenica") per assicurarti la beatitudine eterna. Tra l'altro questi "sforzi" (Eventi con valore negativo, cioè EvNeg) possono essere tanto numerosi da mettere in dubbio l'ovvietà del vantaggio di una scommessa del genere. Messo nei termini del Metodo d'Indagine, gli EvNeg porebbero avere un peso maggiore dell'EvPos (andare in paradiso e godere per sempre, probabilmente). La scommessa di Pascal sottovaluta gli EvNeg, dicendo che credere in Dio è una scommessa che si vince sempre.

[dopo aver scritto questo post ho fatto un salto su wikipedia. Alla pagina "Scommessa di Pascal" dice:
"Dio non esiste ed io ho creduto: x (non ci ho perso ne guadagnato);"
Questo è un errore quando credere in Dio e sperare nella ricompensa richiede anche diversi altri sforzi. Come ho argomentato sopra, questi piccoli sforzi potrebbero, sommandosi, essere abbastanza negativi da far risultare quel "Dio non esiste e io non ho creduto" un aspetto fortemente negativo, abbastanza da falsare tutta la scommessa]

Io intendevo parlare della credenza puramente FINE A SE STESSA dell'esistenza di Dio, quindi svincolata dagli obblighi che in genere, in pratica, le religioni impongono per la ricompensa. Comunque potrei sbagliarmi, e Pascal potrebbe avvicinarsi alla mia concezione più di quanto creda (lui).

Ora andiamo agli argomenti di Ivo. C'è un argomento debole di cui mi occupo subito.
Ivo afferma: "Inoltre, è altamente improbabile che uno sconosciuto abbia versato a mia insaputa un milione di euro sul mio conto corrente, ma l’esistenza di questo milione di euro sarebbe per me molto importante; non per questo, però, credo nell’esistenza di questo milione."
Credo che questo sia proprio ciò che io ho affermato. Quello che ho fatto è solo specificare alcuni parametri su cui tu ti basi per giudicare questa credenza. Difatti, tu associ un valore altissimo ad un milione di euro, ma la probabilità che qualcuno l'abbia versato sul tuo conto è COSI' BASSA da non bilanciare il valore associato.
(segue un esempio in cui si cambia una sola variabile, p(Ev), mentre Val(Ev) rimane costante.)
Immagina che io ora ti chiami e ti dica "ho appena versato un milione di euro sul tuo conto. In bocca al lupo!". Questo evento modifica il valore che tu associ al milione? No. Ne modifica solo la p(Ev), il che ovviamente modifica il risultato totale (cioè Credere nell'esistenza di un milione di euro sul tuo conto in banca). Se ritieni che io sia una persona molto seria potresti essere abbastanza persuaso da fare un tentativo ed andare in banca per verificare il conto. Immagina che quella telefonata provenisse da un tuo parente. Come modificherebbe questo la p(Ev)?
Questo ragionamento è molto ovvio, e infatti forse non ho afferrato il nocciolo della contestazione. Associ a questa argomentazione un'altra argomentazione che mi ha tenuto abbastanza impegnato, e cioè quella che chiamerò l'Argomento dei calzini di Vaaal. Questo, insieme al prossimo, è l'argomento forte.

ARGOMENTO DEI CALZINI DI VAAAL
L'argomento dei miei calzini si basa sull'ipotesi che Ivo non abbia dubbi sull'esistenza dei miei calzini, ma ovviamente non gli interessa che esistano o meno. Dall'equazione p(Ev)*Val(Ev), dove p è vicino al massimo (1), Val è 0, il risultato sarebbe 0->Ivo non dovrebbe credere all'esistenza dei miei calzini (che, con p=1 è una evidente assurdità)->il mio metodo è errato.
Come già detto ho ragionato molto su quest'argomentazione, e sono giunto ad un risultato interessante ed inaspettato (quindi ringrazio ancora Ivo).

Rielaboriamo il concetto. Innanzitutto, in che modo Ivo è consapevole dell'esistenza dei miei calzini? Probabilmente ha fatto esperienza di essi. Li ha toccati, li ha odorati e li ha gustati. Più probabilmente il solo guardarli gli sarà bastato per constatarne l'esistenza. Ivo dice che, nonostante questo, il valore che associa all'esistenza dei calzini è zero. Ne è sicuro?? Questo vuol dire che, secondo Ivo, i calzini potrebbero benissimo non esistere, e per lui non cambierebbe niente! In realtà cambierebbe molto, perché se i calzini non esistessero Ivo dovrebbe completamente rivalutare i propri metodi d'indagine, dovrebbe come minimo fare qualche esame alla vista o supporre di avere delle allucinazioni. Questo dimostra che per Ivo non è indifferente (cioè, non ha valore 0) che i miei calzini esistano o meno.

[nota: se invece Ivo vuole proprio insistere che per lui l'esistenza dei miei calzini assume valore 0, allora deve anche ammettere che i suoi metodi d'indagine abbiano uno scarso valore, in quanto può facilmente rigettarli senza darsi tanta pena (anzi, dandosi 0 (zero) pena). In tal caso (modificando, cioè, le premesse iniziali sulla certezza dell'esistenza dei miei calzini) dire che Ivo non crede all'esistenza dei miei calzini non è più un'assurdità.]

In genere, mi sembra di capire che probabilità molto alte implichino l'assegnazione di un valore diverso da zero all'evento considerato. Detto in termini comuni, se riteniamo qualcosa molto probabile, in un modo o nell'altro l'abbiamo già valutata. Non ci avevo pensato prima, ma ora mi sembra ovvio. Per lasciare da parte i miei calzini, immaginate che uno scienziato dopo anni di numerosi e fruttuosi esperimenti riesca a confermare con una certa sicurezza un evento. Davvero pensate che questo scienziato possa affermare che l'esistenza di questo evento abbia per lui un valore zero, e cioè che per lui questo evento potrebbe anche non esistere, e questo non gli cambierebbe nulla? Io no.
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La seconda argomentazione forte è in realtà ambigua; infatti, non afferro la correlazione tra questa argomentazione e il mio metodo. Comunque, ho trovato uno spunto interessante.
Ivo afferma che è paradossale dire "Dio non esiste, ma io credo in Dio". Questo sarebbe il paradosso di Morris, che io non conoscevo prima di oggi.
Io non affermo ovviamente che credere nell'esistenza di Dio implichi l'esistenza di Dio. Il mio è solo un modo per mettere in chiaro i termini del discorso, e cioè per capire su cosa si basano le persone per valutare (magari inconsciamente) il loro grado di credenza sulle cose.

Sia quel che sia, nel prossimo post cercherò di dimostare, forse con una certa superbia, l'inconsistenza del paradosso di Morris. Ok, non ridete, almeno non ora.

martedì 10 marzo 2009

Dio non è una teiera

Parlare di religione e Dio e cose di questo tipo mi annoia. Su questo argomento un solo post per tutta la mia vita sarà sufficiente.

Comunque qualcuno pensa di paragonare la credenza nell'esistenza di Dio alla credenza dell'esistenza di un unicorno o di una teiera nello spazio o di un diamante sepolto nel giardino di casa. Finché questi argomenti rimangono ad un livello semiserio ok, ma quando li si utilizza in saggi filosofici mah bah uhm no. Questo post è dedicato a Dio, un mio grande ammiratore.

Ritengo possa essere corretto giudicare l'evento "Credere nell'esistenza di Dio" tramite due parametri

Cred. Es. Dio: p(Ev)*Val(Ev)

e cioè la probabilità che Dio esista rapportata al valore che l'esistenza di Dio assume per noi stessi (Ev sta per Evento: esistenza di Dio). E' ovvio che stiamo giudicando, in questo caso, non l'esistenza effettiva di Dio, ma stiamo valutando se noi dovremmo credere che esista.
Il primo parametro potrebbe essere considerato in maniera più o meno oggettiva (raggruppando tutti gli argomenti pro e contro l'esistenza di Dio,dando un indice di validità ad ogni argomento, fare una graduatoria ecc.; insomma non il massimo della oggettività, ma comunque non sarà un punteggio totalmente arbitrario e probabilmente ci sarà un intervallo di probabilità accettato dalla maggioranza delle persone), il secondo è puramente soggettivo. Se alcune statistiche o alcune discipline parlano chiaro e, con violenza, ti costringono a credere a ciò che dicono, nessuno può imporre il proprio valore su qualche argomento, anche infondato. Per ora sto solo dicendo che siamo liberi di associare un alto valore all'esistenza di un diamante sotto casa, giacché una sua possibile esistenza potrebbe avere un enorme effetto sulla propria vita. Ragionevole.

In questo modo ci appare chiaro che, anche se la probabilità che Dio esista assume un valore bassissimo, questa potrà essere compensata da Val(Ev): se io ritengo che Dio per me è davvero importante, che vuoi che me ne importi se la sua esistenza è improbabile?

Questo ci permette di fare distinzioni tra divinità e teiere in giro per il cosmo. La probabilità di esistenza di una teiera nel cosmo, invisibile ai nostri telescopi, è molto bassa; inoltre la sua esistenza o non esistenza cambia poco le nostre vite, quindi ha anche un valore basso. Probabilmente l'evento Credere Es. Teiera raggiunge un valore molto vicino a 0: per questo possiamo ragionevolmente considerare l'evento esistenza teiera=falso. Se riteniamo matto chi crede nell'esistenza di questa teiera, è solo perché riteniamo irragionevole associargli un valore alto da compensare la sua improbabilità.
Il diamante avrà per noi un valore molto alto, altissimo. Ma sicuramente la sua probabilità sarà così insignificante da non raggiungere un valore accettabile. Credo che p(Esistenza Diamante)*Val(Esistenza Diamante) non raggiunga valori ragionevolmente alti. Ad esempio, probabilmente inizieremo a credere alla sua esistenza se trovassimo una mappa che indichi il nostro giardino come punto X (aumento della p(Ev)). Immaginiamo invece che da quel diamante dipenda la nostra vita. E' logico che scaveremo per cercarlo, anche se sappiamo che la sua probabilità di esistere davvero sotto al nostro giardino è risibile. Qualcuno può essere considerato matto per questo?

D'altronde possiamo portare tutti gli argomenti che vogliamo contro l'esistenza di Dio, ma la p(Ev) non sarà zero (dimostrare l'inesistenza di Dio è folle, e l'assenza di una prova non è prova dell'assenza), e se non è zero può essere sempre adeguatamente bilanciata da Val(Ev). Non trovo questo sbagliato, giacché a mio parere tutti i nostri giudizi vengono basati su questi due parametri (come magari illustrerò in qualche post successivo (comunque, potete anche non credermi quando affermo che TUTTI i nostri giudizi siano basati su quei due parametri, basta che accettiate che QUESTO giudizio possa essere basato su quei due parametri)).

Consideriamo che, ben spesso, più che argomentare sull'improbabilità dell'esistenza di Dio, si argomenti sul valore associato alla sua esistenza. Così Dawkins ci assicura che una vita ateisticamente orientata possa essere comunque appagante e Harris ci informa che qualsiasi credenza porti al fanatismo (a cui molti di noi associano un valore negativo). Anche se non ho letto tutti i trattati sull'essere un illuminato ateo o un fanatico credente, suppongo che la maggior parte dei libri di questo tipo si divida in due parti: una che cerca di far abbassare nei lettori il parametro p(Ev), l'altro che cerchi di far abbassare il val(Ev). Questo rende più chiaro il motivo per cui un prete che ha basato tutta la sua vita sull'esistenza di Dio non cambierà mai idea, anche dopo tutte le prove scientifiche esistenti sull'inutilità di Dio ecc. ecc.: il suo Val(Ev) sarà senza dubbio altissimo.

Insomma, Dio non è una teiera. E' magari un diamante enorme con un po' più probabilità di esistere (oppure meno probabilità di esistere?) e tanto, tanto, TANTO valore associato alla sua esistenza. Pensare che le persone possano diventare atee solo spiegando quant'è improbabile l'esistenza di Dio è folle. Non capire perché le persone non riescano a far meno di questo concetto è sintomo di poca comprensione dei meccanismi umani, e cioè di un errore di stima del personale Val(Ev).

Coniugare queste due cose qui

Dunque, velocemente, il libero arbitrio è impossibile.

Ma allora parlare con qualcuno e spiegargli perché sta sbagliando o perché è nel giusto a cosa serve? (non ho intenzione in questo post di esprimermi con precisione) In fondo se tutto ciò che pensa è dovuto da una scarica di neuroni fisicamente determinati, che impatto potrà mai avere l'aria che io butto dalla mia bocca?

Questo ragionamento confonde due livelli: il primo è quello nelle quali le persone sono libere (cioè, ingenuamente, credono di scegliere cosa vogliono), livello accettabilissimo quando ci troviamo in una situazione comune. L'altro è quello del determinismo, livello inattaccabile se guardiamo dai neuroni in giù.
E quindi, così come chi ti sta di fronte e ascolta il tuo ragionamento non è libero di scegliere come i suoi neuroni scaricheranno, allo stesso modo chi parla (tu) non è libero di scegliere come i propri neuroni scaricheranno e muoveranno la propria bocca.

Quindi, se vediamo tutto da un certo livello, ciò che noi liberamente diciamo verrà liberamente assimilato da chi si ascolta.
A livello più microscopico, invece, i pattern di scarica neuronali del nostro cervello causano un pattern di scarica neuronale in altri cervelli.

L'immagine migliore che trovo per descrivere questo processo è pensare che gli altri siano dei neuroni giganteschi che scarichino direttamente nei nostri cervelli, causando modificazioni più o meno rilevanti.

Oppure, se vogliamo osservare le persone ma guardarle dal punto di vista neuronale (e cioè, contemporaneamente concentrarci su due livelli), ecco qui:
vediamo qui i fasci di assoni dei neuroni decorrere da un cervello all'altro. (Ovviamente l'immagine non pretende di rappresentare con perfetto isomorfismo la realtà.)
Quindi, semplificando, così interagiamo liberamente.

(credo che il nocciolo di quest'idea sia di Hofstadter, mutuata dal suo "Anelli nell'Io")