mercoledì 9 luglio 2014

SWEDENBORG

SWEDENBORG
“Tutto ciò che sto per scrivere è già successo e, come tutte le cose, succederà sempre. Mi sono imposto di essere un narratore neutrale, ma perché dovrei decimare il mio testo di passione quando poi proprio questo è l’argomento che [...] ”
“Circa 40 anni fa fu rilasciato in commercio quella macchina diabolica il cui nome è, sin dai tempi di mio padre, sacrilego in questa famiglia. Come accade spesso per questo tipo di cose, la proposta iniziale assumeva vesti innocue ed innocenti schermandosi dietro parole infantili e vagamente sensuali.  Permetteva di fare qualcosa di rivoluzionario, che pur non dev’essere sembrato ai confratelli nulla di blasfemo. Non parlavano di certo di amanti, quelle malefiche volpi del marketing, ché la dottrina era assai forte in quel periodo (Dio sia lodato) e idee del genere non potevano essere ventilate. Si prometteva di poter condividere una emozione, una passione, un setimento fievole o vigoroso, attraverso un collegamento di cavi da una calotta cranica ad un’altra. Stiamo parlando, miei cari confratelli, di un periodo nel quale ancora si poteva dire senza un velo di ironia cose del tipo “non sai cosa sto provando” o “una emozione indescrivibile” o altre cose che quest’oggi vengono additate come sciocchezze dagli apostati, fedigrafi ed ingrati della nuova generazione.”
Ribollendo di rabbia, i suoi recettori muscarinici si aprirono accogliendo nel loro ventre un’ abbondante quantità di feniletilamina rilasciata dalla 2C-T-8 che aveva assunto pochi minuti prima – sotto consiglio del suo Rettore – che generò una allucinazione di stampo sinestetico, riconosciuta all’istante e soppressa prontamente dal nostro formidabile oratore.
“[...] Eppur Dio sin dai tempi del benedetto Nikolas von Zinzendorf deve aver capito che il misticismo mal si addice all’uomo, e così questa meraviglia fu prontamente utilizzata per scopi impuri. Noi ci distaccammo, ovviamente, ma forse peccammo di ingenuità. Perché, miei fedeli compagni, non è facile poter sapere quando Satana si avvicinerà a voi. Quando è troppo vicino, è troppo tardi, e poi...” si confuse. Ricominciamo.
“Prescienza e predestinazione potrebbero essere temi di un saggio dedicato al nostro caro Louis, che sappiamo essere tra noi quest’oggi. Ma ahimé, non erano argomenti studiati dai confratelli della passata generazione che, sebbene benedetti, mai potevano prevedere cosa sarebbe successo. Questo dannato strumento, connessione immorale tra due menti che Dio ha fatto separate e distinte, ebbe un clamoroso e, col senno di poi, prevedibile successo. [...] Finché quest’oggi non assistiamo alla biasimevole, impura, dannata, “ si confuse di nuovo, essendo un compito arduo poter ricordare un discorso così complesso quando, davanti ai propri occhi, si staglia un sole rotante e violento, offuscando e abbagliando la vista e la mente.
Il nostro oratore, che rispondeva al nome di Robert  C. Zaehner,  era cresciuto nella feroce ombra dello svedese Emanuel Swedenborg - dimenticato mistico agostiniano - che fungeva da mentore, padre, e nemesi; tutto ciò senza mai essere in effetti presente, essendo morto diversi secoli prima. Zaehner suggellò il segreto sposalizio divorando (letteralmente) pagine del trattato più famoso, Apocalypsis Revelata,  e bruciando in un bosco della Germania Orientale l’infame Deliciae Sapientiae de Amore Conjugiali, scritto, si ripeteva Zaehner, in un momento di debolezza. Senza aver mai toccato con mano la mollezza del corpo che spinge gli uomini verso l’inettitudine, si dichiarò dapprima gneosico, dopodiché teosofico. Lo ritroviamo adesso nel ruolo di Vescovo Viola, carica appena più in basso del Rettore, ma preceduta da centotrentadue altri ruoli a lui subordinati. Non che questo fosse di alcuna importanza, avendo Zaehner abbandonato qualsiasi ambizione che potesse distogliere la sua attenzione dall’ascesa mistica che, oramai da due anni, stava faticosamente intraprendendo.
Tossisce.
“Non che questo sia bastato a quella ripugnante bestia che con tanto odio disprezza il dono dell’individualismo che il nostro Signore, Unico ed Indivisibile, ci ha offerto. E quindi la tecnologia avanzò, molte risorse furono spese, e si iniziò ad utilizzare in gruppo, condividendo non solo emozioni provate all’istante, ma anche esperienze, vissuti, ricordi e sogni. Sappiamo tutti cosa successe. Persone iniziarono a vivere completamente all’interno di quella bolla chiamata erroneamente coscienza collettiva, cibandosi endovenosamente di sostanze adatte solo al sostentamento vegetale, e...”
Continuò Zaehner, raccontando di cose che tutti sapevano, tutti avevano vissuto, e quasi tutti (in quel gruppo) odiavano. La loro confraternita, composta dalla bellezza di ventimila elementi sparsi in tutto il mondo, era riunita in videoconferenza in quella stessa cattedrale tedesca in cui un vecchio Johann Sebastian Bach si era esibito all’organo per l’ultima volta, esattamente 292 anni prima, contemplando un occhio fluttuante  la cui pupilla si ingigantiva e rimpiccioliva a tempo di musica.
Zaehner batté i pugni sul tavolo un paio di volte, in maniera impropriamente enfatica. “Forse che l’uomo può davvero sperare di trovare l’Unione con il Tutto in un modo diverso che con la preghiera, la fede e l’amore universale?” Disse, sentendo che le sue forze iniziavano a venir meno, i capillari dilatarsi, il ramo sinistro dell’arteria polmonare restringesi e boccheggiare. Il sole davanti ai suoi occhi si ingrandiva sempre di più, e ora sembrava emanare raggi freddi. Una goccia di sudore colò sulle sua labbra. Sentiva che qualcosa stava succedendo.
La confraternita, le cui credenze si basavano in parte sullo studio degli scolari vicini al dottissimo Robert de Molesme, monaco benedettino venerato subito dopo e molto dopo la sua morte, costitueva il 2.1% della popolazione mondiale non vegetalizzata, per utilizzare un termine caro al nostro Robert. Avevano visto il mondo che amavano trasformarsi in qualcosa che non capivano, e avrebbero sofferto la disfatta della maggior parte dei loro membri, e la morte precoce dei rimanenti. Molti di loro non avrebbero mai provato l’esperienza di una unione collettiva, totale, immortale, unione come quella che la tecnologa stava offrendo al resto della popolazione. Zaehner, invece.
Annaspò, provo a chiudere gli occhi, ma le palpebre gli erano diventate invisibili. Inciampò e rimase in ginocchio, percependo lontamanete il turbinio delle voci dei suoi lontani, lontanissimi compagni. Il Rettore, unica persona presente fisicamente nella Thomasschule, gli si avvicinò. Inginocchiandosi di fianco a lui, gli sussurrò parole benedette che non colsi.
Quando il sangue eruttò nel lobo occipitale, il suo mondo divenne completamente bianco. L’ Hallelujah di Händel irruppe con prepotenza. Subito dopo, forme geometriche  presero a costruirsi e dissolversi davanti ai suoi occhi. Zaehner, trasceso, percepì l’avvicinarsi volteggiante di una figura umana. In un abito di cotone marrone, impreziosito da una tessitura in classico stile Barocco, un uomo dai capelli bianchi e con le braccia spalancate fluttuò verso di lui. Il suo nome era Swedenborg.  Zaehner, le cui pupille erano diventate due boccioli di sangue, si rialzò e librandosi gli andò incontro gridando parole di odio e reverenza. Il suo cervello scoppiò, la sua mente si aprì e le sue idee si proiettarono all’esterno seguendo mille percorsi diversi scintillando ineguali in un cammino casuale di neuroni condivisi, di esperienze universali e di percorsi intrecciati, unendosi in quell’unione dannata con l’unico uomo della sua vita che l’avesse mai potuto capire, sussurrando morendo parole d’amore.