SWEDENBORG
“Tutto ciò che sto per scrivere è già successo e, come tutte
le cose, succederà sempre. Mi sono imposto di essere un narratore neutrale, ma
perché dovrei decimare il mio testo di passione quando poi proprio questo è
l’argomento che [...] ”
“Circa 40 anni fa fu rilasciato in
commercio quella macchina diabolica il cui nome è, sin dai tempi di mio padre,
sacrilego in questa famiglia. Come accade spesso per questo tipo di cose, la
proposta iniziale assumeva vesti innocue ed innocenti schermandosi dietro
parole infantili e vagamente sensuali.
Permetteva di fare qualcosa di rivoluzionario, che pur non dev’essere
sembrato ai confratelli nulla di blasfemo. Non parlavano di certo di amanti,
quelle malefiche volpi del marketing, ché la dottrina era assai forte in quel
periodo (Dio sia lodato) e idee del genere non potevano essere ventilate. Si
prometteva di poter condividere una emozione, una passione, un setimento
fievole o vigoroso, attraverso un collegamento di cavi da una calotta cranica
ad un’altra. Stiamo parlando, miei cari confratelli, di un periodo nel quale
ancora si poteva dire senza un velo di ironia cose del tipo “non sai cosa sto
provando” o “una emozione indescrivibile” o altre cose che quest’oggi vengono
additate come sciocchezze dagli apostati, fedigrafi ed ingrati della nuova
generazione.”
Ribollendo di rabbia, i suoi
recettori muscarinici si aprirono accogliendo nel loro ventre un’ abbondante
quantità di feniletilamina rilasciata dalla 2C-T-8 che aveva assunto pochi
minuti prima – sotto consiglio del suo Rettore – che generò una allucinazione
di stampo sinestetico, riconosciuta all’istante e soppressa prontamente dal
nostro formidabile oratore.
“[...] Eppur Dio sin dai tempi del
benedetto Nikolas von Zinzendorf deve aver capito che il misticismo mal si
addice all’uomo, e così questa meraviglia
fu prontamente utilizzata per scopi impuri. Noi ci distaccammo, ovviamente, ma
forse peccammo di ingenuità. Perché, miei fedeli compagni, non è facile poter
sapere quando Satana si avvicinerà a voi. Quando è troppo vicino, è troppo
tardi, e poi...” si confuse. Ricominciamo.
“Prescienza e predestinazione
potrebbero essere temi di un saggio dedicato al nostro caro Louis, che sappiamo
essere tra noi quest’oggi. Ma ahimé, non erano argomenti studiati dai
confratelli della passata generazione che, sebbene benedetti, mai potevano
prevedere cosa sarebbe successo. Questo dannato strumento, connessione immorale
tra due menti che Dio ha fatto separate e distinte, ebbe un clamoroso e, col
senno di poi, prevedibile successo. [...] Finché quest’oggi non assistiamo alla
biasimevole, impura, dannata, “ si confuse di nuovo, essendo un compito arduo
poter ricordare un discorso così complesso quando, davanti ai propri occhi, si
staglia un sole rotante e violento, offuscando e abbagliando la vista e la
mente.
Il nostro oratore, che rispondeva
al nome di Robert C. Zaehner, era cresciuto nella feroce ombra dello svedese
Emanuel Swedenborg - dimenticato mistico agostiniano - che fungeva da mentore,
padre, e nemesi; tutto ciò senza mai essere in effetti presente, essendo morto
diversi secoli prima. Zaehner suggellò il segreto sposalizio divorando (letteralmente)
pagine del trattato più famoso, Apocalypsis Revelata, e bruciando in un bosco della Germania Orientale
l’infame Deliciae Sapientiae de Amore
Conjugiali, scritto, si ripeteva Zaehner, in un momento di debolezza. Senza
aver mai toccato con mano la mollezza del corpo che spinge gli uomini verso l’inettitudine,
si dichiarò dapprima gneosico, dopodiché teosofico. Lo ritroviamo adesso nel
ruolo di Vescovo Viola, carica appena più in basso del Rettore, ma preceduta da
centotrentadue altri ruoli a lui subordinati. Non che questo fosse di alcuna
importanza, avendo Zaehner abbandonato qualsiasi ambizione che potesse
distogliere la sua attenzione dall’ascesa mistica che, oramai da due anni, stava
faticosamente intraprendendo.
Tossisce.
“Non che questo sia bastato a
quella ripugnante bestia che con tanto odio disprezza il dono
dell’individualismo che il nostro Signore, Unico ed Indivisibile, ci ha offerto.
E quindi la tecnologia avanzò, molte risorse furono spese, e si iniziò ad
utilizzare in gruppo, condividendo non solo emozioni provate all’istante, ma
anche esperienze, vissuti, ricordi e sogni. Sappiamo tutti cosa successe.
Persone iniziarono a vivere completamente all’interno di quella bolla chiamata
erroneamente coscienza collettiva, cibandosi endovenosamente di sostanze adatte
solo al sostentamento vegetale, e...”
Continuò Zaehner, raccontando di
cose che tutti sapevano, tutti avevano vissuto, e quasi tutti (in quel gruppo)
odiavano. La loro confraternita, composta dalla bellezza di ventimila elementi
sparsi in tutto il mondo, era riunita in videoconferenza in quella stessa
cattedrale tedesca in cui un vecchio Johann Sebastian Bach si era esibito all’organo
per l’ultima volta, esattamente 292 anni prima, contemplando un occhio
fluttuante la cui pupilla si ingigantiva
e rimpiccioliva a tempo di musica.
Zaehner batté i pugni sul tavolo
un paio di volte, in maniera impropriamente enfatica. “Forse che l’uomo può
davvero sperare di trovare l’Unione con il Tutto in un modo diverso che con la
preghiera, la fede e l’amore universale?” Disse, sentendo che le sue forze
iniziavano a venir meno, i capillari dilatarsi, il ramo sinistro dell’arteria
polmonare restringesi e boccheggiare. Il sole davanti ai suoi occhi si
ingrandiva sempre di più, e ora sembrava emanare raggi freddi. Una goccia di
sudore colò sulle sua labbra. Sentiva che qualcosa stava succedendo.
La confraternita, le cui credenze
si basavano in parte sullo studio degli scolari vicini al dottissimo Robert de Molesme, monaco benedettino
venerato subito dopo e molto dopo la sua morte, costitueva il 2.1% della popolazione
mondiale non vegetalizzata, per utilizzare un termine caro al nostro Robert.
Avevano visto il mondo che amavano trasformarsi in qualcosa che non capivano, e
avrebbero sofferto la disfatta della maggior parte dei loro membri, e la morte
precoce dei rimanenti. Molti di loro non avrebbero mai provato l’esperienza di
una unione collettiva, totale, immortale, unione come quella che la tecnologa
stava offrendo al resto della popolazione. Zaehner, invece.
Annaspò, provo a chiudere gli
occhi, ma le palpebre gli erano diventate invisibili. Inciampò e rimase in
ginocchio, percependo lontamanete il turbinio delle voci dei suoi lontani,
lontanissimi compagni. Il Rettore, unica persona presente fisicamente nella
Thomasschule, gli si avvicinò. Inginocchiandosi di fianco a lui, gli sussurrò
parole benedette che non colsi.
Quando il sangue eruttò nel lobo
occipitale, il suo mondo divenne completamente bianco. L’ Hallelujah di Händel
irruppe con prepotenza. Subito dopo, forme geometriche presero a costruirsi e dissolversi davanti ai
suoi occhi. Zaehner, trasceso, percepì l’avvicinarsi volteggiante di una figura
umana. In un abito di cotone marrone, impreziosito da una tessitura in classico
stile Barocco, un uomo dai capelli bianchi e con le braccia spalancate fluttuò
verso di lui. Il suo nome era Swedenborg. Zaehner, le cui pupille erano diventate due
boccioli di sangue, si rialzò e librandosi gli andò incontro gridando parole di
odio e reverenza. Il suo cervello scoppiò, la sua mente si aprì e le sue idee
si proiettarono all’esterno seguendo mille percorsi diversi scintillando
ineguali in un cammino casuale di neuroni condivisi, di esperienze universali e
di percorsi intrecciati, unendosi in quell’unione dannata con l’unico uomo
della sua vita che l’avesse mai potuto capire, sussurrando morendo parole
d’amore.
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