martedì 5 febbraio 2008

Una tristezza infinita (d.s. 7)

V: C'è qualcosa di più triste nel far caso, senza alcun preavviso, all'invecchiamento del proprio padre? Capita così, di guardarlo, e ti rendi conto che non è come l'hai visto l'ultima volta. Ha qualche ruga in più, ma a parte questo è proprio più vecchio. Sai, più lento... sai, come le persone anziane. E pensi: com'è triste. E pensi, ancora: come sarebbe triste se lui se ne rendesse conto.

T: Oggi mi sono avvicinata allo specchio e mi sono osservata tantissimo. Sai quando ti guardi per un bel po' di tempo, osservi la tua faccia, e pensi -mah gli altri vedono questo ogni volta che io vedo loro- e pensi che tu dovresti guardarti di più. Allora inizio a fare qualche boccaccia, fisso lo sguardo sui particolari: il naso, la palpebra, l'orecchio. Guarda che strana conformazione del labbro. E poi, i miei occhi, così complicati, e le ciglia, le osservo come se mi presentassero una persona e io la giudicassi con occhio critico e magari sì mi piace ma fammi vedere bene com'è fatta e fammi scoprire tutti i suoi difetti.
Facevo questo ed è accaduto qualcosa: una dissociazione, e mentre mi toccavo i capelli, mi grattavo la fronte, pensavo: "ma sono io!? Ma sono io? Ma sono io? " e guarda, non ero io, e pensavo "Svegliati!" volevo fare dell'altro, ed è stato come aver capito tutto, che cioè mi ritrovavo in un altro corpo che potevo solo guardare dall'esterno, ed era sempre stato così ma non me ne ero mai accorta, perché non mi ero mai guardata. E' sempre così, mi dicevo. Un corpo che reagisce agli stimoli così come è abituato, ma che non segue le direttive interne, ché non gli appartengono. Perché in quel momento il mio pensiero era qualcosa, e lui era l'altro. E sentivo lui l'altro corpo come un pupazzo di paglia profondamente stupido. Ho avuto paura, ma solo internamente. Per il resto mi toccavo sempre i capelli e mi grattavo la fronte.

V: Ma ora stai decidendo tu, no? Di scrivere... tu pensi cosa scrivere, e il corpo esegue. Non sei più in quello stato... E' capitato anche a me. E' come se qualcuno ti mangiasse l'anima, ma a piccole dosi.

....

....
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T: Vogliamo darci un abbraccio fortissimo.

---si abbracciano---

T: Ma dimmi... siamo davvero noi?

1 commento:

Weissbach ha detto...

Mi fai venire la pelle d'oca.
Io ho sempre avuto (saltuariamente, eh) questa sensazione di fronte ai miei cari.
E più mi sono cari, più è intensa.
Devo dire che ogni tanto serve;
ma non ho ben capito a cosa.

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