domenica 14 dicembre 2008

sull'età pensionabile

Casualmente sono capitato su questo blog. Riporto l'intervento che ora è in cima giacché riassume molte delle motivazioni che vengono proposte a favore della non equiparazione dell'età pensionabile. Eccolo:


Donne e pensioni (il valore dei soldi)

Care signore,

se avete un attimo di tempo, leggete questo e anche questo. Poi fatevi due conti in tasca, casomai recuperando dalla vostra memoria quegli episodi rimossi perché troppo frustanti. Che so? Quella volta che al posto vostro hanno assunto il collega maschio perché doveva sposarsi. Oppure provate a calcolare quante volte, nelle vostre peregrinazioni lavorative (non mi dite che non avete peregrinato e se non l’avete fatto ditemi come vi prego perché voglio imitarvi), il vostro capo è stato una donna. E poi ditemi che conclusioni traete.

Ecco la conclusione che io, uomo, ne traggo. Le motivazioni che Sonia propone contro la proposta di Brunetta mi sembrano riguardare tutt'altro ambito, e cioè la disparità tra i due sessi nel poter accedere ad un certo lavoro o nell'essere retribuite in maniera adeguata. Questo è un argomento interessante, ma non ha nulla a che fare con le pensioni. Il primo e il secondo link non hanno un preciso nesso causale: Brunetta chiede la parità dell'età pensionabile; "nell'Unione europea le donne guadagnano in media il 15% in meno degli uomini e fino al 25% in meno nel settore privato". E allora? Stiamo parlando di pensioni o di retribuzioni? Il ragionamento di Sonia, se ho capito, è il seguente: giacché le donne, in ambito lavorativo, sono trattate peggio degli uomini (da alcuni uomini), dobbiamo trattare peggio gli uomini (tutti) in ambito pensioni. Mi sembra una sorta di dispetto. Usando una metafora: se il mio vicino mi uccide il cane, io come rappresaglia gli stupro la figlia. Sarebbe meglio prendersela con il vicino*, o ancora meglio che fosse impedito di uccidere il cane (e cioè agire in modo da rendere effettiva l'uguaglianza uomo-donna nella possibilità di assunzione femminile** o nel garantire una adeguata retribuzione). Prendersela con la famiglia del vicino non ha senso, è crudele e stupido.




*cioè rivendicare i propri diritti contro la persona in particolare che ostacola la vostra possibilità di avere un lavoro o retribuzione adeguata (adeguata, cioè non per forza pari a quella maschile);
**intendo dire che non per forza si dovrà raggiungere un 50% di impiego femminile nei diversi settori. Si dovrà cioè dare alle donne la possibilità di raggiungere il 50%.

1 commento:

Anonimo ha detto...

veramente mi limitavo a suscitare la discussione. grazie per avermi citata, naturalmente. io la vedo così: se parità dev'essere, allora si cominci dall'aggiornare i rispettivi trattamenti economici (che, non dimentichiamolo, corrispondono anche a un gettito pensionistico). solamente allora si dovrebbe pensare a equiparare l'età pensionabile. Altrimenti è come chiedere alle donne di farsi carico solamente degli svantaggi (sempre che così debba essere intesa la fine dell'età lavorativa anticipata) di una parità ancora lontana, senza offrir loro il vantaggio tangibile del riconoscimento del lavoro svolto.

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