venerdì 19 giugno 2009

non so proprio qual è il titolo giusto.

Mi arrivò una telefonata da un numero non registrato, e il cuore mi balzò in gola. Era davvero lui, e mi chiese chi ero e cosa volessi. Ero io, gli dissi, ero una persona eccezionale e volevo parlargli urgentemente. Di cosa?, mi chiese. Di come dare un senso a questa sua vita fallita.

Tre giorni prima mi trovavo a questo comizio napoletano. Avevo preparato tutto a dovere, ovviamente, con il mio bigliettino nella tasca e la mano nella tasca che raccoglieva il biglietto nel palmo della mano. Mi presentai lì un'ora e mezza prima, perché volevo assolutamente assicurarmi di essere in prima fila, e ci riuscii. Dopo che ebbe parlato (non credo di averlo neanche ascoltato, ero tutto puntato verso la fine, dovevo sfruttare quell'occasione) scese dal palco e prese tutte quelle mani e anche la mia. Nella mia mano c'era questo foglietto, lui se ne accorse e se lo ficcò in tasca senza dare a vedere. Magari qualcuno se ne accorse, ma che m'importa? Lui cercò di non osservarmi più del dovuto e continuò a stringere mani. Nulla mi era mai riuscito così alla perfezione. "Dobbiamo metterci in contatto. Mi telefoni al..", e non ci avrei mai sperato, davvero, eppure lo fece. Come mai? Forse perché era curioso, della curiosità di un vecchio che non ha nulla da perdere, ma da guadagnare qualche minuto di svago, minimo.

Quando arrivai in quel suo alloggio nella periferia romana consegnai all'istante la mia pistola, perché senza dubbio il presidente non escludeva che potessi essere un pazzo di quel tipo. Mi accolse e io entrai, lui era seduto dietro la sua scrivania, mentre mi osservava curioso. Aveva ottant'anni e tutta la tristezza perversa di un ottantenne al potere. Mi scrutò a lungo e disse che non si ricordava di me, e io gli dissi così dev'essere, perché non ci siamo mai conosciuti, ma ora mi conoscerà bene. Parla, e io parlai e gli parlai a lungo, ed ecco ciò che gli dissi:

lei è vecchio e ha avuto una vita pienamente compiuta. Dal nulla è diventato non solo un uomo ricco, ma un uomo potente, pieno di tutto. Ho detto che avrei voluto dare senso a questa sua vita fallita, ma non è una vita fallita, è una vita vittoriosa. C'è qualcosa che la turba?, dissi all'improvviso, e lui mi disse di proseguire.

C'è qualcosa che abbia ancora desiderio di fare? Quelli come lei ricordano cos'è un desiderio di quand'erano bambini? C'è qualcosa che non ha fatto ma che vorrebbe fare, un sogno che ha trattenuto e che ora dichiara impossibile, uno di quei...quelle cose che lei non conosce ma a cui aspirava, ancora vent'anni fa, ma che poi... è diventata sempre più soffusa. Lei ricorda che c'era qualcosa che voleva ma che non ha ottenuto, e ha soppresso da anni questo desiderio. Da quanto?
Cosa voleva? l'ha dimenticato, e ha preso non il potere che lei desiderava, ma il potere che gli altri desideravano dargli, ed è diventato il presidente del consiglio.

-mi sembrò di essere un po' ridicolo, e magari stavo sbagliando, la mia analisi della sua persona era scorretta, continuai a fatica e sperai che lui non ridesse, perché ero molto timido-

dovete sapere che, come tutti gli esseri umani, al presidente non piaceva essere odiato. Si pensa che a queste persone, ma anche a persone della sua età, con una pila di odii così alta accumulata con tanta perseveranza durante una vita sporca, l'odio sia come un'acqua quasi piacevole, ma almeno per lui non era così e ogni volta che sentiva una offesa rivolta a lui o al suo operato se ne dispiaceva. Ovviamente nel suo lavoro non era spinto da scopi umanitari, ma perché lo odiavano così? Chi avrebbe fatto diversamente al suo posto, io?
. il più terribile timore era comunque quello di essere odiato dopo la sua morte. Poteva infatti sempre recuperare finché gli fosse rimasto un minuto di vita, un po' di forza nella penna e la sostanza adatta nel cervello, ma da morto cosa poteva fare? I morti hanno la reputazione che si meritano, soprattutto se sono stati al potere per mezza vita. E così anche lui aveva paura di essere odiato, ma soprattutto di morire E di essere odiato. Cosa propone questo ragazzo? Cosa voglio?, si chiedeva.

Le propongo di fare qualcosa di grande, e cioè di essere la prima persona a liberare questo paese dallo Stato. Il presidente del consiglio inarcò un sopracciglio in maniera comica. La prima cosa che dovrà fare è prendere tutto il potere possibile nelle sue mani. Questo costerà tante vite, ma lei non pagherà mai. Non c'è alcun altro modo per fare una azione incredibile, che mettere un solo cervello a capo di quest'azione. Si liberi della sinistra, dunque, e vada.
Il secondo atto deve essere quello di stipulare un contratto con gli italiani, ma questo sarà un contratto con se stesso. Deve affermare che, dal momento in cui firma il contratto, lascerà il suo posto da dittatore entro cinque anni. Nessuno ci crederà, ma lo faranno se lei aggiunge che, in caso che ciò non avvenga, lei cede il diritto sul proprio corpo, e cioè afferma che se entro cinque anni non avrà lasciato la sua carica nessuno avrà il diritto di rivendicare l'ipotetico assassinio della sua persona. Come ho detto, queste serve a lei più che agli italiani: se lei vuol fare questa cosa di grande, lei deve frustare la sua ambizione che l'ha portata qui, e deve costringersi a lasciare il potere. Questa brama le è stata utile ed è stata utile a me, ma non le sarà utile per sempre.

Poi gli spiegai come avrebbe dovuto agire. Avrebbe dovuto cancellare uno ad uno ogni organo statale. Questo è un compito impossibile per un parlamento, ma facile per un sol uomo. Da dittatore non avrebbe avuto alcun problema a proclamare lo scioglimento innanzitutto dell'organo di polizia. L'avrebbe annunciato a avrebbe invitato tutti a darsi da fare per trovare altri metodi di protezione, e dopo un anno, mettiamo, la polizia sarebbe stata sciolta. Così avrebbe agito per tutto, dalle scuole alle poste. Infine avrebbe sciolto l'ufficio esattoriale, non prima di aver raggruppato la maggior ricchezza che riteneva adatta a vivere confortevolmente gli ultimi anni da Persona Eccezionale quale sarebbe divenuta (così gli dissi, infatti, e su questo avevo intenzione di far leva). E l'euro?, mi chiese; questo non ci interessa, gli dissi, se la vedranno loro, aggiunsi.

Mi chiese altre cose, ma vidi che il suo cervello lavorava bene. Questa persona, perversa, maliziosa, immorale e testarda come un bambino, non era nient'altro che una persona che aveva sempre usato il cervello per ciò che più gli interessava, e ci era riuscito. Sapeva più cose di quanto dimostrava durante i comizi pubblici e durante i dibattiti televisivi, e comprendeva perfettamente ciò che gli dicevo, e non ascoltava questo discorso per la prima volta. Capii che, dietro la maschera di corruttore del popolo, dietro quell'alone di clown malandato con una frusta nella mano e un capo di biancheria intima nell'altra, si nascondeva un genio egoista; non ne fui poi tanto sorpreso, ma affascinato, sì.

Dopo aver ascoltato tutto questo, mi chiese: tu cosa vuoi? Io gli risposi: io sono pazzo, e non voglio nulla. Sono così affogato nella mia ideologia che non capisco perché faccio ciò: mi ci trovo e agisco, come mi hanno insegnato a fare. Ho smesso di pensare. Potrei risponderle: lo faccio per me, ed è vero, ma lei mi fraintenderebbe. Non lo faccio perché penso che la libertà sia una cosa bellissima, lo faccio perché NON PENSO, e ne sono consapevole e anzi NE SONO FIERO, perché ci voleva proprio un uomo come me, un uomo impregnato di ideologia, intelligente ma incapace di pensare, che potesse tentare questa follia.

Stettimo un po' in silenzio, poi lui si alzò e mi disse: lei mi ha convinto. Diventerò l'uomo più importante di sempre. Non sarò Mussolini o Stalin o Obama. Sarò Dio.
Dettò ciò aprì il cassetto della sua scrivania, prese una pistola, sparò e mi uccise. Non potevo dire che non ci avessi pensato, quindi non me ne dispiacqui poi tanto.

I primi tre anni procedettero in maniera incredibile. Tutto andò così come io gli avevo spiegato, anzi vidi che lui conosceva le cose ancor meglio di me, e attuò il mio piano nella maniera migliore possibile. Abolì la realtà nell'ordine giusto, fece ciò che doveva fare senza mai avere dubbi, procedeva come uno squalo. Aveva una tale influenza che ebbe bisogno di uccidere qualcuno, ma non poi tanto, e nessuno avrebbe potuto paragonarlo ad un dittatore sanguinario. Gettò la mascherà da rattuso a caccia di figa e si mise quella da Uomo di Ferro, l'uomo con un obiettivo che avrebbe salvato l'umanità, e cioè, dal suo punto di vista, che avrebbe salvato esso stesso. L'avrebbero sì odiato, ma sarebbe diventato immortale, e l'odio sarebbe scivolato via come accade per gli immortali e poi sarebbe stato adorato.

Il quarto anno le cose rallentarono, e così proseguì il quinto anno. Passò anche il quinto anno, e tutto era pronto a cadere ma ancora non cadeva. Il Presidente andava in giro e affermava di essere Dio, e c'era quasi riuscito. Il mondo era alle soglie dell'altro mondo, ma il Presidente esitava ad aprirgli il cancello. Otto giorni dopo il quinto anno di Presidenza un Uomo della Folla si ricordò del contratto stipulato con gli italiani, sparò e uccise il Presidente, e nessuno poteva rivendicare la sua morte.
Le porte del cancello si aprirono.

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