mercoledì 19 agosto 2009

il post sulla scuola che ho sempre sognato di pubblicare ma che fino ad oggi non avevo uhm assolutamente alcun incentivo a scrivere

il mio lunghissimo commento che non leggerà nessuno, in risposta a questo lungo post di Galatea che rispondeva ad un mio commento ad un suo post precedente. Eccolo qua:


[anziché una risposta punto per punto, rispondo un po' a caso]

"il fine dell’istruzione, infatti, è formare per la società le generazioni future. La scuola, quindi, passa quei saperi che la società ritiene necessari per la sua perpetuazione e per il suo sviluppo. "

Hai ragione, ed è questo il compito della scuola attualmente, ma dovrebbe essere così? Questo è un mantra che, durante il periodo scolastico, i professori mi hanno ripetuto così tante volte che oramai mi scoppia la testa; la domanda che io mi pongo, quando mi viene detto ciò, è: chi decide quale debba essere la società futura? Perché il tanto abusato "bravo cittadino perfettamente inserito nella società" deve essere deciso da un organo superiore quale lo stato e non al locale livello dei singoli istituti scolastici? Questo porta sempre risultati desiderabili? Mi sembra di no, e lo sottolinei tu stessa: oggi la scuola basa la sua istruzione su "generazioni future" dal gusto veramente opinabile. In che modo la scuola pubblica reagisce a questo? In nessun modo, accetta il modello punto e basta. A mio parere non può far altro che peggiorare.

Quindi, sotto questo aspetto, vedere la attuale scuola come preparazione per la società futura può essere corretto, ma non dovrebbe essere così. Questo a mio avviso è un punto a favore per il privato (che, come vedremo in seguito, stimola la diversificazione e l'anticonformismo).


Quindi, a cosa davolo dovrebbe servire la scuola? Beh, la scuola fornisce istruzione, cioè informazione. La qualità, la quantità, il genere di tale istruzione può essere scelto dall'individuo o dalla sua famiglia. Le scuole che forniscono istruzione/informazione giusta (e cioè voluta dai clienti) sopravvivono, le altre vengono ridimensionate o scompaiono.

Qual è l'istruzione giusta, dunque? Io credo che la paura che possano prosperare scuole di veline o scuole di arruffapopolo sia temuta solo da chi ha perso di vista la motivazione originaria per cui le famiglie mandavano i ragazzi a scuola (anche prima dell'obbligo scolastico, come vedremo in seguito): li mandano in genere per far imparare qualcosa che possa fruttare (non solo a livello economico, ma anche). Se il mestiere di velina permette ad una ragazza su un milione di guadagnarsi da vivere, state sicuri che le famiglie non saranno incentivate a mandare i ragazzi nelle suddette scuole; queste scuole si ridimensioneranno: non vedo alcun motivo perché, effettivamente, non possano esserci scuole del genere. Invece, se il mestiere della velina promette grandi fonti di guadagno, dunque, perché non creare grandi scuole apposite? Galatea è così feroce nel giudicare negativamente il mestiere di velina o di escort, che non capisco proprio come possa essere appoggiata. Ritenere che esistano lavori migliori o lavori peggiori è DAVVERO una idea classista.


Il punto è che in un sistema privatizzato l'individuo ha più o meno una scelta diversificata.
In un sistema pubblico non c'è alcun motivo per cui un grande istituto con materie inutili debba fallire: riceverà sempre soldi, indipendentemente da quanto sia utile per i clienti/studenti. Può quindi trattare gli studenti un po' come gli pare e fornire l'educazione più scarsa possibile. (ci ritonerò in seguito)

Con questo affrontiamo anche il problema della scelta delle materie utili: quali materie sono utili e quali inutili?


"Peccato che la scuola la scelgo oggi, e magari fra cinque anni, quando esco, il mercato richieda magari già altre competenze, e le materie che ho studiato potrebbero essere obsolete. "

Questo potrebbe accadere (e accade) anche nelle scuole pubbliche. Prova ad andare in un istituto di informatica e vedi cosa studiano fino al quinto anno: cosa che erano obsolete 20 anni fa e che ora fanno ridere tutti, bidelli compresi.
Un mercato privato, per avere molti clienti, deve offrire materie che permettano allo studente di guadagnare, in modo da costruirsi una buona reputazione e fare entrare ulteriori clienti/soldi. Forse è difficile sapere cosa il mercato chiederà fra 10 anni, ma è più incentivato a scoprirlo una scuola privata o una scuola pubblica? La risposta l'abbiamo sotto gli occhi: per materie per cui ci sono novità ogni mese (come informatica o sistemi, di questo vi posso dare esperienza personale e di questo vi parlo) i professori si limitano ad insegnare male, spesso malissimo, cose già vecchie quando loro andavano a scuola, facendo letteralmente perdere mesi e mesi su cose inutili. Non si tratta di prevedere il futuro, si tratta di essere almeno al passo con i tempi, e qui la scuola pubblica fallisce perché, ovviamente, non ha nessun incentivo a migliorare e ad essere competitiva. Forse vi piacciono gli aneddoti: quando facemmo notare che una nostra professoressa di Sistemi era completamente impreparata (completamente-impreparata), ci venne risposto: "cosa ci possiamo fare?". Che incentivo aveva il preside a cambiare quest'insegnante? Avrebbe perso alunni? La reputazione della scuola sarebbe peggiorata? Sì, e allora?
Come mai i master class a pagamento di qualsiasi materia non sono così ridicoli come quelli pubblici? Sarà una specie di miracolo? O forse è puro egoismo, la voglia di fare soldi che porta l'imprenditore a chiamare personale preparato e aggiornato e perché no stimolante?
Ripeto che il paragone con le scuole private italiane non esiste: le scuole che ricevono soldi pubblici, per definizione, non sono private. Le scuole "private" italiane sono nei fatti scuole pubbliche che rilasciano pezzi di carta. In una società di libero mercato tali scuole funzionerebbero al massimo come società stampatrice di pezzi di carta con su scritto "il tal x si è diplomato in yyy". Una "scuola" del genere sarebbe competitiva sul mercato?: quali genitori desiderosi per il loro figlio di una buona istruzione (seguita da una assunzione) manderebbero il suddetto figlio a Grandi Scuole, o al CEPU? Quali aziende prenderebbero soggetti diplomati in scuole con bassa reputazione? Vedete già oggi che cattiva reputazione che hanno questi istituti "privati"?

Fino ad ora mi sono limitato a spiegare perché una scuola privata sarebbe migliore di una scuola pubblica. Mi sembra di aver portato argomentazioni piuttosto forti. In effetti è così che vanno le cose, non solo nel settore scolastico ma in tutto il settore pubblico. Quando qualcuno riceve soldi gratis indipendentemente dal suo operato, non ha incentivo a migliorare. C'è bisogno di un sistema di feedback che permetta di tener presente il funzionamento dell'azienda (o scuola o istituto postale).
Il feedback stilizzato che un governo può organizzare basandosi su controlli di ispettori o su valutazione degli studenti non può che essere parziale e ridicolo. Il sistema ideale è una specie di sistema a punti nel quale ognuno ottiene punti se fornisce servizi, e può utilizzare questi punti liberamente per comprare servizi. Questo sistema esiste ed è quello del libero mercato. I punti sono i soldi.



Rimangono due problemi:

1) DISCORSO EGALITARIO: solo i ricchi potranno permettersi di mandare i figli a scuola
2) PROBLEMA DELL'OBBLIGO: se non c'è l'obbligo scolastico i genitori manderebbero i figli a spaccarsi le ossa sul luogo di lavoro a 7 anni, nessuno studierebbe, società allo sfascio ecc..


1) questo è il punto più difficile da affrontare perché la nostra visione è agli antipodi. Per quanto mi riguarda non accetto nessuno discorso egalitario, perché questo tipo di discorsi presuppongo sempre che le persone abbiano diritto ad appropriarsi illeggittimamente della proprietà altrui per un loro desiderio. Tu stai cioè affermando che il povero x possa prendere i soldi del ricco y (tramite tassazione, quindi minaccia, quindi senza il suo consenso) per ottenere qualcosa (in tal caso scuole, prof, istituti ecc.). Questo è immorale sotto tutti i punti di vista e viene accetato da tutti chiamandolo "diritto allo studio", ma è in realtà il "diritto di appropriarsi della proprietà altrui" legittimato. La sinistra da sempre adora affermare uguaglianza per tutti: sono consapevoli che per risanare presunte ingiustizie se ne devono compiere altre ancora più gravi? (ma è da sottolineare che queste ingiustizie egalitarie sono solo presunte! Non è certo colpa di y se x non può permettersi questo o quello, e non c'è alcun motivo per cui lui debba pagare.) Potrei inventarmi or ora il "diritto all'automobile" e rubare quella bellissima ferrari. In fondo perché lui, solo perché è ricco, deve avere una macchina più bella della mia? Non sono gli esseri umani tutti uguali? Questo ovviamente ci porta verso strade così complesse ... (tu pensi che l'istruzione abbia un valore incredibilmente superiore a quello della macchina e che ciò possa legittimarci ad appropriarci delle ricchezze latrui, ma questo presuppone che i valori delle cose siano oggettivi, cosa che evidentemente non è)...

Proverò comunque ad argomentare sotto un diverso punto di vista, senza prendere neanche lontanamente in considerazione il problema ideologico.
A parte tutto ciò, dovrei chiederti: sei sicura che è impossibile la formazione di scuole per i meno abbienti? Puoi dimostrarmi che le persone con reddito più basso non avrebbero una buona istruzione?
[aggiunta postuma: questo equivarrebbe a dire che esistono solo automobili placcate d'oro, cibo prezioso da 100 dollari a portata, vestiti firmati dal prezzo incredibile. Il mercato invece soddisfa tutti nelle giuste proporzioni]
Sei sicura che non potrebbero avere una istruzione SUPERIORE a quella ottenuta ora senza (apperentemente) sborsare nulla? (perché anche il più povero paga un sacco di imposte indirette e a volte tasse di iscrizione o altro alle univ. o soldi per i testi scolastici ecc.).

Il povero studente in periferia che deve fare tanti chilometri per andare a scuola esiste già oggi: nella mia classe 20 persone si svegliavano all'alba per raggiungere l'istituto. A quanto pare la scuola pubblica non soddisfa questi poveretti.
E in effetti quali interessi può avere lo stato a fare una scuola in una piccola borgata? Si riceve più voti se si soddisfa un grande città con una scuola magnifica o un piccolo paese di 200 anime? L'imprenditore invece può sempre aprire un piccolo istituto guadagnando su una piccola fetta di mercato. Perché lo ritieni così assurdo?
In ogni caso non andrebbe peggio che con la scuola pubblica.

Io sto sempre facendo il caso di famiglie a basso reddito che, raccogliendo i loro risparmi, magari rinunciando ad una nuova macchina o ad un computer, possono comunque permettersi di pagare una scuola.
Puoi pensare che esistano delle famiglie che non possano fare neanche ciò, e cioè anche se accettano di mangiare tutti i giorni riso e acqua, andare in giro per 5 anni con gli stessi vestiti e raggiungere i posti camminando, non possono permettersi di mandare il loro figlio a scuola. Potrei risponderti che, a mio parere, per questa famiglia sarebbe meglio guadagnare un piccolo stipendio in più anziché parcheggiare il proprio figlio in una scuola per 10 anni dove, spesso, si ritrova con un nulla in mano.

[qui voglio aprire una lunga parentesi: ho conosciuto tanti tanti amici che, subito dopo la scuola, hanno finalmente avuto TEMPO ed ENERGIE sufficienti per trovare un lavoro dignitoso che gli permettesse di guadagnarsi da vivere. Per loro la scuola è stata semplicemente un luogo in cui passare 10 anni a perdere tempo; la scuola non ha loro insegnato nulla di utile, nulla che gli andasse di sapere, nulla che ha cambiato il loro modo di vedere le cose. Semplicemente ha impedito loro di impegnarsi in cose che DAVVERO ritenevano utili. Potete dirmi quale favore fa alle famiglie povere trattenere un ragazzo fino a 18 (20?) anni quando potrebbe lavorare benissimo anche a 14, con profitto suo e della sua famiglia? Queste non sono cazzate lette nei libri, ne ho conosciuti tanti ritrovatisi a vent'anni a dover iniziare un lavoro che non c'entrava un tubo né con foscolo né con le derivate, e che di foscolo e delle derivate si erano giustamente dimenticati la settimana dopo. Chi siete voi per affermare che alcune informazioni valgono più di altre? Chi siete voi per credere che conoscere le più grandi opere del boccaccio sia più utile o moralmente superiore che sapere come si costruisce un motore? Eppure pretendete di imporre il vostro senso di utile e di importante e di rubare lavoro a ragazzi altrimenti volenterosi. Andare a scuola per questi ragazzi è semplicemente un altro lavoro. Però non è volontario, non paga, è demoralizzante e inutile. Questo per il bene dell'individuo, bene che voi ovviamente sapete qual è e l'individuo no.]


Questo ci porta dritti dritti al punto due, sull'obbligo di andare a scuola:

2) da Friedman M. e R., Liberi di Scegliere, capitolo 6:
"Fin dai primissimi anni della Repubblica non solo le città, ma quasi tutti i paesi e i villaggi e la maggior parte dei distretti rurali ebbero le loro scuole. In molti stati e località l'apertura di scuole elementari pubbliche fu disposta per legge. Ma le scuole erano per lo più finanziate privatamente attraverso le rette pagate dalle famiglie. [sebbene vi fossero alcuni finanziamenti integrativi per le classi sociali più diagiate]. Benché la scuola non fosse né obbligatoria né gratuita, la scolarizzazione era praticamente universale (esclusi, ovviamente, gli schiavi). Nella sua relazione per il 1836, l'ispettore delle scuole pubbliche dello Stato di New York affermava: "sotto ogni punto di vista è ragionevole ritenere che nelle scuole pubbliche, nelle scuole private e nei collegi il numero dei giovani che attualmente ricevono un'istruzione è pari all'intera popolazione tra i cinque e i sedici anni di età"

A quanto pare, anche senza nessun obbligo e in un sistema finanziato in maniera prevalentemente privata, le famiglie erano più responsabili di quanto ci si voglia far credere.

Per concludere, la scuola pubblica è un luogo che serve per far sopravvivere schiere di insegnanti e personale più o meno utile. Questo non è un attacco a Galatea o a qualche professore in particolare, ovviamente.

Cito ancora da Friedman: "All'inizio del 1840 si sviluppò una campagna per sistotuire il sistema diversificato e per lo più privato vigente, con un sistema di scuola cosiddetta gratuita, cioè un sistema scolastico in cui i genitori pagavano i costi indirettamente, per mezzo di imposte, invece che direttamente per mezzo di rette. Secondo E.G.West, che ha studiato a fondo lo sviluppo dell'intervento pubblico nel settore scolastico, questa campagna non era guidata da genitori insoddisfatti, ma "principalmente da insegnanti e funzionari pubblici". ... Benché gli argomenti fossero tutti esposti in termini di interesse pubblico, gran parte dell'appoggio dato da insegnanti e amministratori al movimento per la scuola pubblica derivava da ristretti interessi egoistici. Queste categorie si attendevano, qualora il settore pubblico avesse sostituito i genitori come ufficiale pagatore, maggiori garanzie di occupazione, maggiore sicurezza del pagamento dei loro stipendi e un grado di controllo più alto ...
(ancora da Friedman, p. 155) Come la Sicurezza sociale, l'istruzione controllata dallo stato è un altro esempio di elemento comune alle filosofie autoritarie e socialiste. La Prussia aristrocratica e autoritaria e la Francia imperiale furono i pionieri del controllo dello stato sull'istruzione ...

[in un sistema burocratizzato l'aumento della spesa sarà associato ad un calo della produzione. Friedman nota che ciò si è esattamente verificato nel settore della scuola pubblica: ]

Nei cinque anni dall'anno scolastico 1971-72 all'anno scolastico 1976-77, il personale professionale totale in tutte le scuole pubbliche statunitensi crebbe dell' 8%, il costo per l'alunno crebbe del 58%. Vi è un aumento dei fattori di produzione.
Il numero degli studenti diminuì del 4%, e del 4% diminui il numero delle scuole [alla faccia dello stato che si preoccupa di favorire i poveri ragazzi in periferia]. E immaginiamo che pochi lettori avranno da obiettare se si afferma che la qualità si è abbassata ancora più drasticamente della quantità. Questo è comunque ciò che risulta dall'abbassamento dei voti riscontrato in base a esami standardizzati. Vi è un netto calo della produzione [cvd].
[ancora per tornare al discorso del povero ragazzo di periferia:] Un elemento probante [dell'avvenuta burocratizzazione che causa un calo della produzione] può essere la riduzione del numero dei distretti scolastici nella misura del 17% nei sette anni dal 1970-71 al 1977-78 proseguendo la tendenza a più lungo termine verso una maggiore centralizzazione. Quanto alla burocratizzazione, relativamente a un periodo un po' più breve per il quale sono disponibili i dati (dal 1968-69 al 1973-74), a un aumento dell' 1% del numero degli studenti corrispose un aumento del 15% del personale professionale totale e del 14% del numero degli insegnanti, ma gli ispettori aumentarono del 44%! [questo per dimostrare come la scuola sia stata resa pubblica non a favore degli studenti, che invece ne hanno sofferto, ma a favore del personale e della burocrazia]

[il libro di Friedman è una miniera di informazioni, e vorrei ricopiare tutto il capitolo. Forse lo farò nel mio blog.
In breve Friedman nota come la scuola pubblica favorisce le famiglie ad alto reddito che, trovandosi in quartieri migliori, possono usufruire di scuole pubbliche migliori. Viceversa per i ghetti, ovviamente. Ecco cosa dice: >>>>>>>Le spese d'istruzione per alunno negli agglomerati urbani sono spesso alte tanto quanto quelle sostenute nelle lussuose zone periferiche, ma la qualità dell'istruzione è enormemente più bassa.>
a quanto pare le cosiddette caste chiuse si creano più probabilmente in un sistema pubblico. Per non parlare della segregazione razziale che può essere favorita (e lo è stata) solo in un sistema dove l'istruzione è gestita dallo stato con la forza. Nessun imprenditore ci tiene a perdere clienti, bianchi o gialli che siano (o handicappati o stranieri o con deficit di attenzione, per rispondere velocemente ad un'altra nota di Galatea)]

Infine, come cilegina sulla torta, Friedman dimostra qualcosa di enormemente interessante per tutti i difensori dei poveri:

"lo studio relativo alla Florida mise a confronto i benefici totali che i membri di ognuna delle quattro classi sociali di reddito ricevettero nel 1967-68 dalle spese pubbliche per istruzione superiore con i costi da essesostenuti sotto forma di imposte. Solo la classe di reddito più alta risultava avere ottenuto un guadagno netto, avendo ricevuto il 160% di ciòche aveva pagato. Le due classi inferiori avevano sostenuto pagamento superiori del 40% a ciò che avevano ottenuto. La classe media aveva pagato una cifra superiore del 20% a quella ricevuta."

Chiaro? I poveri pagano (sotto forma di imposte) di più, e ricevono di meno. La soluzione di Galatea e di tutta la sinistra e dei commentatori del blog di galatea è quella di iniettare più soldi nel sistema scolastico e far calare, come dimostrato sopra, ancora di più la produzione. Una grande idea.

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Io il suo lunghissimo commento l'ho letto e riletto e ne condivido in toto il contenuto. Complimenti. Nonostante i reiterati sforzi di Galatea e dei suoi lettori non riesco a comprendere perchè la scuola pubblica debba essere considerata intrinsecamente migliore di quella privata (nel senso di reale privato).

Luigi

Vaaal ha detto...

grazie!

Anonimo ha detto...

uh, lunghissimo post!
giusto qualche appunto:

1. "migliore". non credo si possa usare "migliore" in questo caso (come in molti altri). usare migliore implica un giudizio di valore che è ideologico a tutti gli effetti. se ti contrapponi a galatea sul piano ideologico non se ne esce, perché sul piano ideologico la sua idea vale quanto la tua, per lei è migliore la sua e per te migliore la tua. potresti argomentare dicendo che la scuola privata è più utile di quella pubblica. che produce più benessere (anche se è poi una complicazione ulteriore descrivere il benessere). comunque, trovare un modo per uscire dall'ideologia.

2.l'idea che l'uguaglianza sia un furto non regge proprio. il povero x e il ricco y vivono nella stessa società che garantisce a entrambi protezione e opportunità. hobbes ha pienamente ragione sulla formazione e la funzione di uno stato. e in questa situazione, i profitti maggiori sono a favore di chi è ricco, quindi anche il carico di impegno dovrebbe essere sulle loro spalle. faccio un esempio: quanto costa proteggere un ricco politicante, e quanto costa proteggere un operaio? lo stato spende un casino per il primo e niente (o quasi) per il secondo. vero è che le spese vengono distribuite tramite il principio della mutualità (che favorisce tutti perché costa meno impiegare tot poliziotti per difendere tutti di quanto non costi a ciascuno pagare una o più persone che lo difendano individualmente), però le spese più grosse sono per il ricco. se non vuole farsi carico dei costi più alti può uscire dalla società - ma non gli conviene perché è dentro la società che prospera, fuori è indifeso e privo di opportunità.
l'eguaglianza è un principio di prudenza pratica, la redistribuzione è un corollario necessario a far funzionare la cosa (altrimenti il povero si scazza e finisce che decide di tagliare teste e rubare i beni). non è un appropriamento di ricchezze altrui, "altrui" non avrebbe quelle ricchezze se non ci fosse una società che distribuisce garanzie di protezione e opportunità.

Vaaal ha detto...

1) hai ragione: dire che la scuola privata è "migliore" di quella pubblica è terribilmente semplicistico. Dire che però una scuola privata ha maggior incentivo al miglioramento mi sembra corretto; dove miglioramento = soddisfare i propri clienti (soddisfare i propri clienti è sempre un miglioramento? A mio parere sì; in genere soddisfare il desiderio di una persona vuol dire renderla più felice, ma anche qui si entra in un campo minato confuso e difficile, quindi preferisco chiudere questa parentesi e passare al punto due)

2)non ho capito bene questa argomentazione, quindi rispondo come posso.

Non ho mai affermato che l'uguaglianza sia un furto. Forse l'uguaglianza è bene, forse no, ma in sé per sé non è un furto.
Definizione Veloce e Poco Ragionata di Furto= appropriarsi della proprietà di x senza il consenso di x.
Il furto si ha quando lo stato prende al ricco per operare una redistribuzione (che, in questo caso, ha uno scopo egalitario, almeno per il pubblico di votanti). Non vedo come tu possa giustificare una pratica simile: dire che qualcuno (sia esso lo stato o un privato cittadino) abbia il diritto di "rubare" per una causa Z per lui (il ladro in questione) di un certo valore vuol dire giustificare il furto praticamente in ogni circostanza (giacché il valore di una causa Z è soggettivo). Non credo che tu accetteresti questa conclusione.

Quindi, sebbene l'uguaglianza in sé per sé non abbia nulla del "furto", il modo con cui si cerca di ottenerla è illegittimo, perché basato sul furto.

Inoltre permettimi di farti notare come
" costa meno impiegare tot poliziotti per difendere tutti di quanto non costi a ciascuno pagare una o più persone che lo difendano individualmente"

questo non è dimostrato.

Interpreto la tua argomentazione così: giacché il ricco è il maggior beneficiaro della ridistribuzione, non dovrebbe lamentarsi. [anche se il maggior beneficiario della ridistribuzione è una sottocategoria del ricco, cioè il politico]

Se x davvero beneficiasse dell'espropriazione dei suoi beni probabilmente non ci sarebbe bisogno di espropriarli con la forza, non ci sarebbero evasori, non ci sarebbero sanzioni per chi non paga le tasse o cerca di non pagarle. I fatti parlano diversamete.
obiezione: forse x non si rende conto del grande vantaggio che ottiene con la redistribuzione.

Qui si ammette che x sia più stupido di coloro che lo governano. Cosa decisamente opinabile.

Obiezione, tanto per il piacere di filosofeggiare: e se i governanti fossero una razza superiore che, per ipotesi, sappia con certezza qual è il bene di x? Sarebbe legittimo rubare la sua proprietà per il suo bene?

Qui inizio ad andare in confusione. Non so cosa rispondere; forse risponderei di sì, ma ammetto il mio imbarazzo.
Per fortuna i nostri politici ci danno frequentemente dimostrazione di non essere affatto una razza superiore, quindi a livello pratico il problema non si pone, sebbene non si possa cancellare con tanta tranquillità.
(in effetti potrebbe essere trasposta in questo modo: è legittimo invadere la proprietà di un pazzo e rubare qualcosa per il suo bene? A mio parere no: nessuno ci dice che ciò che noi pensiamo sia un bene per x(pazzo) sia davvero un bene per x(pazzo). Quindi non solo i governanti, per iniziare a sentirsi legittimati nell'espropriazione dei beni, dovrebbero essere una razza superiore, ma dovrebbero essere una razza con una conoscenza oggettiva di cosa è bene per x(h. sapiens))

Anonimo ha detto...

solo sul pto 2: la redistribuzione nella società non può essere un furto, ma è il costo dei vantaggi che si godono in società. più vantaggi = maggior costo. detto in estrema sintesi, è questo che intendevo. liberi di non pagare, ma allora non si dovrebbero godere i vantaggi. godere i vantaggi senza pagare è un furto. la redistribuzione attuata per esempio con la scuola pubblica non è fuori dal tuo schema, perché la scuola pubblica, come dici, offre meno di quella privata (incentivata, almeno in teoria, dal mercato), e quindi non costa molto di più di quanto la tassazione ai poveri renda.

che poi il problema è che la tassazione ai poveri rende di più, perché ci sono più poveri e non possono evadere in quanto dipendenti e quindi tassati alla fonte.

ma anche se costasse poco di più, basta un po' di sociologia e di storia per vedere quali vantaggi abbia portato la redistribuzione nei paesi occidentali tramite appunto l'istruzione pubblica - in termini di capacità creativa, ricerca, "salute pubblica". una società in cui tutti preferirebbero vivere, di sicuro meglio una come la nostra che una come quella in cui ci sono tribù che si scannano, o di quella in cui se non hai culo di nascere ricco hai grandi chances di finire morto ammazzato per droga, furto, bande. è una normale questione di scelta, perfettamente razionale (hai letto rawls?).

l'obiezione che se fosse come dico allora i ricchi non avrebbero ragione di evadere le tasse non funziona perché non tiene conto del fattore psicologico. la tendenza al cheating in ogni gioco è nota, e finché il cheater non viene scoperto e punito continua nella sua strategia, che gli permette di massimizzare il proprio utile. fa la scelta "giusta" se non lo beccano, e se non intende continuare a vivere in quella società in cui gioca la carta dell'imbroglio. se invece pensa di continuare a convivere con gli stessi giocatori che regolarmente imbroglia, allora la sua scelta è stupida perché rovina il gioco anche a se stesso, e prima o poi qualcuno glie la fa pagare.

la mutualità, per finire, è un principio economico chiaro e noto da non so neanche quanto tempo, tanto. costa meno una società organizzata che doversi arrangiare da soli per sopravvivere. immagina il riccone che decide di uscire dalla società per non pagare più le tasse: a quel punto, rinuncia a tutto quello che la società fa per lui, in termini di protezione legale della proprietà, di difesa dei beni e della sua vita - e chiunque sarebbe "libero" di attaccarlo per derubarlo, ucciderlo, prendere il suo posto. lo può difendere un esercito di stipendiati, che rischiano la vita e quindi hanno una tariffa molto alta. magari anche problemi legali, perché (ipotesi) potrebbero essere proibiti dagli stati i contatti con un "fuoriuscito", perché - come diceva hobbes - fuori dalla società c'è lo stato di natura, dove ciascuno ha i diritti che riesce a conquistarsi e mantenere con la sua forza. la forza di uno contro tutta una società sono ben poche. non conviene a nessuno vivere fuori dalla società, perché tramite la mutualità costa meno e offre vantaggi consistenti.

semplice razionalità economica.

compresa una scuola mal fatta,ma meglio di quelle, boh, centroasiatiche.

Vaaal ha detto...

"liberi di non pagare, ma allora non si dovrebbero godere i vantaggi"

questo è esattamente ciò che fa una società privata, non ciò che fa lo stato. Copio-incollo dal blog -il lume rinnovato- questa frase di Walter Block:

Il governo ... non dice: “Gradiresti per caso la nostra protezione? Se è così, questa è la nostra tariffa. Se però non vuoi la nostra protezione, non devi pagare. Oppure puoi scegliere di farti proteggere dalla compagnia Rossi, nostra concorrente. Se sceglierai questo, per noi non c’è problema”. Se dicessero questo, allora non sarebbero un governo. Sarebbero soltanto degli onesti uomini d’affari che ti offrono un servizio. Ma non è questo che dicono. Ciò che dicono è: “Devi pagare il servizio, che tu lo voglia o no, oppure ti manderemo una lettera poco amichevole, e poi ti manderemo un’altra lettera poco amichevole, e poi verranno delle persone a casa tua e ti porteranno in prigione.” E questo è molto, molto diverso. E ci sono persone che non riescono a capire la differenza. Avete presente quella barzelletta che dice “Sai la differenza tra il bagno e la camera da letto?”. Se rispondi di no, la barzelletta prosegue: “allora non venire a casa mia!”. Allo stesso modo, se non capisci la differenza tra l’estorsione e lo scambio volontario, è meglio che non parli di politica.
(fine cit.)
Il punto è tutto qui. Non puoi uscire da uno stato: lo stato ti chiede soldi per offrirti privilegi che tu non richiedi (e, se tu li richiedi, ti posso assicurare che almeno io non li richiedo). E' come se ti svegliassi un giorno e ti trovassi abbonato a dozzine di riviste che non ti interessano ad un prezzo esorbitante. Non è ingiusto? Sto effettivamente pagando per servizio, ma è un servizio che non ho chiesto! Lo stato fa esattamente la stessa cosa. Instaura cioè una entità che è giustamente mal vista da molti, e cioè un _monopolio_ (artificiale), conservato tramite violenza e minacce.

(monopolio su tantissimi campi, dalla protezione ai tribunali alla posta ai trasporti alle costruzioni ecc. ecc. ecc. ecc. ecc. Possiamo dire che lo stato instaura un monpolio praticamente ovunque, portando con sé tutti gli aspetti negativi di un monopolio)

L'obiezione che ha portato galatea, e cioè "se non ti piacciono le cose cambia stato" è sbagliata. Questa frase può essere pronunciata, chessò, dal proprietario di un ristorante che, prima di farti entrare, ti dice "se entri devi pagarmi 100 dollari e io ti garantisco un buon servizio. Se non ti piace, vattene da qui". Questo non è sbagliato giacché il proprietario di un ristorante detiene legittimamente il ristorante e fa entrare nella sua proprietà chi desidera alle condizioni che desidera.
(continua)

Vaaal ha detto...

Lo stato detiene legittimamente il territorio su cui si comporta come proprietario?
Assolutamente no.
(infatti la mia definizione di stato è la seguente: lo stato è l'entita che riesce a comportarsi su un dato territorio come se ne fosse il legittimo proprietario quando non lo è)

La chiave dell'argomentazione è tutta qua.


Il resto del commento consta giusto di qualche precisazione:

Ammettendo che l'istruzione pubblica abbia portato vantaggi, nulla impedisce di pensare che l'istruzione privata non avrebbe portato uguali o superiori vantaggi.


"costa meno una società organizzata che doversi arrangiare da soli per sopravvivere." Anche questo è vero, nessuno vuole la disorganizzazione o il caos o, come dici, tribù che si scannano tra loro. Ma lo stato non è l'unica fonte di organizzazione. Ci sono migliaia di esempi in merito, esempi nel quale la coercizione illegittima non è utilizzata e che ugualmente garantiscono organizzazione, anche in ambiti complessi.
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L'esempio del riccone che esce dalla società non è chiaro. Forse intendevi dire che "esce" dallo stato e quindi, come sopra, rifiuta i privilegi e le vessazioni di uno stato; come sopra, questo non è possibile negli stati attuali.
(sarebbe benefico per lui? Forse se fosse l'unico a rifiutare lo stato, no. Ma a mio parere se questa opzione fosse contemplabile, non sarebbe affatto solo)



Forse intendevi proprio "uscire dalla società", ma allora non mi è chiaro perché tu abbia portato questo esempio: società non è uguale a stato. Società: gruppo di persone che (cito da wikiped.) "condividono fini e comportamenti e si relazionano congiuntamente per costituire un gruppo o una comunità". Una società non richiede tassazione.

Forse il riccone vuole andare a vivere in una isola deserta? Oppure vuole essere un misantropo che non esce mai di casa?
In tal caso sceglie liberamente questo stile di vita, beneficiando degli aspetti positivi e pagandone le conseguenze.

Anonimo ha detto...

lo stato è la forma di organizzazione che una società si dà per evitare la guerra di tutti contro tutti. la delega del monopolio della forza allo stato è la prima clausola del contratto di formazione dello stato e quindi della società civile: se qualcuno non delega l'uso della forza, rimane fuori dalla società e può combattere per i beni che vuole.

ma il problema è proprio evitare di combattere, perché nessuno è così forte da farcela sempre. come dice hobbes, persino il più debole degli uomini può far fuori il più forte. basta che sia armato, o furbo, o abbia una conoscenza della chimica. a tutti conviene uno stato.

e non è solo questione di protezione. è questione di servizi e opportunità: diciamo che hai una fabbrica, e hai roba da vendere. come fai senza strade? te le costruisci? costa parecchio.

oppure ti metti d'accordo con altri imprenditori. ma questo è esattamente l'inizio del contratto per risparmiare e costruire qualcosa che serve a più di una persona, e una delle clausole di questo contratto è la divisione equa dei costi.
(in alternativa, non mandi in giro le tue merci, le tieni in magazzino - ma mi sembra che così non si guadagni molto)

lo stato esiste già, non se ne esce perché alla stragrande maggioranza conviene. direi che conviene a tutti perché, per esempio, io uso le autostrade meno di un imprenditore che manda in giro la sua merce, o gli aeroporti meno di un top manager che prende 2 aerei al giorno, ma li pago anche io.
per non parlare degli ospedali!

non è una questione ideologica, è proprio solo razionalità pratica, economica. mettere anche il 35% del mio reddito in tasse, per le "spese comuni", per avere in cambio scuole, sanità, servizi e infrastrutture mi sembra un prezzo più che accettabile. e notevolmente inferiore a quanto mi costerebbe avere tutto questo pagando da solo.

che poi nella realtà (soprattutto italiana) le tasse siano alte e i servizi scadenti è un discorso diverso. ci sono gli sprechi, gli approfittatori e così via, ma se non ci fossero il sistema di mutualità costituito con lo stato sarebbe la massimizzazione migliore del rapporto costi-benefici.

Vaaal ha detto...
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Vaaal ha detto...

"lo stato è la forma di organizzazione che una società si dà per evitare la guerra di tutti contro tutti"

Questo non è vero; alcuni pensano che lo stato sia nato quando un insieme organizzato di individui riesce ad imporre il suo volere su un altro. Storicamente questa visione è più attendibile.
L'idea che gli uomini stipulino un "contratto", anche solo metaforico è falsa. Un contratto è un patto che alcuni individui stipulano tra di loro per ottenere alcune cose. Orbene, io ho mai firmato tale contratto? Tu l'hai mai firmato? Ci ritroviamo a sottostare a delle clausele di un contratto che nessuno ha mai firmato. Questo contratto sociale (questo tipo di "contratto" fasullo che non è assolutamente un contratto) è nient'altro che una scusa che alcune persone si trovano per continuare a imporre la loro volontà sugli altri in nome di "cooperazione", "bene comune", "persone che si scannano in mancanza di uno stato".

"ma il problema è proprio evitare di combattere, perché nessuno è così forte da farcela sempre."

io non capisco proprio come puoi pensare che l'assenza di stato sia uguale all'uso indiscriminato della violenza. La tua frase mi sembra proprio una argomentazione a sfavore di questa tesi! Giacché anche il più forte può essere battuto dal più debole, al più forte non conviene dare inizio ad un combattimento. Questo è ancora più vero quando la forza dei due rivali è bilanciata dalle armi, ma ancora molto di più quando entrambi possono usare rivalsa verso l'avversario tramite agenzie di protezione private. (questo fornisce un disincentivo all'uso della violenza almeno allo stesso modo della forza di polizia statale)
A questo punto potresti pensare che esista il rischio che le agenzie possano combattere tra di loro scatenando guerre tra clan. Colucci ha risposto (traducendo Long) qui:
http://luigicorvaglia.blogspot.com/2008/09/dieci-obiezioni-ad-una-societ-senza.html (punto 4)


"servizi e opportunità: diciamo che hai una fabbrica, e hai roba da vendere. come fai senza strade? te le costruisci? costa parecchio."
nessuno vieta a privati di costruire strade e di far pagare per esse. Permettimi di farti notare che, per l'appunto, tu usi le strade molto meno di un imprenditore, eppure paghi anche per l'imprenditore. In un sistema privatizzato, probabilmente, l'imprenditore pagherebbe di più per il servizio che usa di più (a meno che il proprietario della strada non gli faccia una tariffa speciale).

"ti metti d'accordo con altri imprenditori. ma questo è esattamente l'inizio del contratto "

Certo che è l'inizio del contratto! Mi hai appena detto che ci possono essere contratti, che questi possono portare alla cooperazione e ciò può avvenire anche senza lo stato, senza la coercizione, ed è proprio ciò che dico anche io! L'idea che lo stato sia necessario per la cooperazione è falsa.


"lo stato esiste già, non se ne esce perché alla stragrande maggioranza conviene"
in realtà non se ne esce perché non è possibile uscirne. Come mai lo stato non dà una possibilità del genere? Ha paura di qualcosa?

Forse a te sta bene vivere nello stato, perché reputi i benefici maggiori delle perdite. A me ciò sta benissimo. Ma perché non lasciare la libertà agli altri di provare nuove strade?


Spero di aver risposto più o meno in maniera sensata a tutto.
Ti consiglio , se sei interessato, di leggere anche gli altri punti del testo di Long/Colucci. Ciao ciao!


ps: perdona gli errori, l'ho scritto con gran fretta

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