Parlare di religione e Dio e cose di questo tipo mi annoia. Su questo argomento un solo post per tutta la mia vita sarà sufficiente.
Comunque qualcuno pensa di paragonare la credenza nell'esistenza di Dio alla credenza dell'esistenza di un unicorno o di una teiera nello spazio o di un diamante sepolto nel giardino di casa. Finché questi argomenti rimangono ad un livello semiserio ok, ma quando li si utilizza in saggi filosofici mah bah uhm no. Questo post è dedicato a Dio, un mio grande ammiratore.
Ritengo possa essere corretto giudicare l'evento "Credere nell'esistenza di Dio" tramite due parametri
Cred. Es. Dio: p(Ev)*Val(Ev)
e cioè la probabilità che Dio esista rapportata al valore che l'esistenza di Dio assume per noi stessi (Ev sta per Evento: esistenza di Dio). E' ovvio che stiamo giudicando, in questo caso, non l'esistenza effettiva di Dio, ma stiamo valutando se noi dovremmo credere che esista.
Il primo parametro potrebbe essere considerato in maniera più o meno oggettiva (raggruppando tutti gli argomenti pro e contro l'esistenza di Dio,dando un indice di validità ad ogni argomento, fare una graduatoria ecc.; insomma non il massimo della oggettività, ma comunque non sarà un punteggio totalmente arbitrario e probabilmente ci sarà un intervallo di probabilità accettato dalla maggioranza delle persone), il secondo è puramente soggettivo. Se alcune statistiche o alcune discipline parlano chiaro e, con violenza, ti costringono a credere a ciò che dicono, nessuno può imporre il proprio valore su qualche argomento, anche infondato. Per ora sto solo dicendo che siamo liberi di associare un alto valore all'esistenza di un diamante sotto casa, giacché una sua possibile esistenza potrebbe avere un enorme effetto sulla propria vita. Ragionevole.
In questo modo ci appare chiaro che, anche se la probabilità che Dio esista assume un valore bassissimo, questa potrà essere compensata da Val(Ev): se io ritengo che Dio per me è davvero importante, che vuoi che me ne importi se la sua esistenza è improbabile?
Questo ci permette di fare distinzioni tra divinità e teiere in giro per il cosmo. La probabilità di esistenza di una teiera nel cosmo, invisibile ai nostri telescopi, è molto bassa; inoltre la sua esistenza o non esistenza cambia poco le nostre vite, quindi ha anche un valore basso. Probabilmente l'evento Credere Es. Teiera raggiunge un valore molto vicino a 0: per questo possiamo ragionevolmente considerare l'evento esistenza teiera=falso. Se riteniamo matto chi crede nell'esistenza di questa teiera, è solo perché riteniamo irragionevole associargli un valore alto da compensare la sua improbabilità.
Il diamante avrà per noi un valore molto alto, altissimo. Ma sicuramente la sua probabilità sarà così insignificante da non raggiungere un valore accettabile. Credo che p(Esistenza Diamante)*Val(Esistenza Diamante) non raggiunga valori ragionevolmente alti. Ad esempio, probabilmente inizieremo a credere alla sua esistenza se trovassimo una mappa che indichi il nostro giardino come punto X (aumento della p(Ev)). Immaginiamo invece che da quel diamante dipenda la nostra vita. E' logico che scaveremo per cercarlo, anche se sappiamo che la sua probabilità di esistere davvero sotto al nostro giardino è risibile. Qualcuno può essere considerato matto per questo?
D'altronde possiamo portare tutti gli argomenti che vogliamo contro l'esistenza di Dio, ma la p(Ev) non sarà zero (dimostrare l'inesistenza di Dio è folle, e l'assenza di una prova non è prova dell'assenza), e se non è zero può essere sempre adeguatamente bilanciata da Val(Ev). Non trovo questo sbagliato, giacché a mio parere tutti i nostri giudizi vengono basati su questi due parametri (come magari illustrerò in qualche post successivo (comunque, potete anche non credermi quando affermo che TUTTI i nostri giudizi siano basati su quei due parametri, basta che accettiate che QUESTO giudizio possa essere basato su quei due parametri)).
Consideriamo che, ben spesso, più che argomentare sull'improbabilità dell'esistenza di Dio, si argomenti sul valore associato alla sua esistenza. Così Dawkins ci assicura che una vita ateisticamente orientata possa essere comunque appagante e Harris ci informa che qualsiasi credenza porti al fanatismo (a cui molti di noi associano un valore negativo). Anche se non ho letto tutti i trattati sull'essere un illuminato ateo o un fanatico credente, suppongo che la maggior parte dei libri di questo tipo si divida in due parti: una che cerca di far abbassare nei lettori il parametro p(Ev), l'altro che cerchi di far abbassare il val(Ev). Questo rende più chiaro il motivo per cui un prete che ha basato tutta la sua vita sull'esistenza di Dio non cambierà mai idea, anche dopo tutte le prove scientifiche esistenti sull'inutilità di Dio ecc. ecc.: il suo Val(Ev) sarà senza dubbio altissimo.
Insomma, Dio non è una teiera. E' magari un diamante enorme con un po' più probabilità di esistere (oppure meno probabilità di esistere?) e tanto, tanto, TANTO valore associato alla sua esistenza. Pensare che le persone possano diventare atee solo spiegando quant'è improbabile l'esistenza di Dio è folle. Non capire perché le persone non riescano a far meno di questo concetto è sintomo di poca comprensione dei meccanismi umani, e cioè di un errore di stima del personale Val(Ev).
martedì 10 marzo 2009
Dio non è una teiera
Pubblicato da Vaaal alle 13:18
Etichette: Ateismo, Credenze, dawkins, Diamanti grandissimissimi, Esistenza di Dio, Harris, Libertà, Metodo d'indagine, Probabilità, Russell, Teiere, Valori
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4 commenti:
Caro Vaaal, ho riflettuto un po' sulla tua teoria. Inizialmente non sapevo da che parte prenderla, ma poi ho trovato la definizione che ritengo più adeguata per descriverla: wishful thinking. Un'espressione che purtroppo non ha equivalente in italiano, e che indica l'orrenda abitudine di confondere tra ciò che si pensa sia vero e ciò che si desidera lo sia.
Sono un ricercatore e sto testando in laboratorio due ipotesi, A e B. I dati in mio possesso mi dicono che le due ipotesi sono ugualmente probabili. Ma mentre A, se fosse vera, aprirebbe la strada a lucrose applicazioni tecnologiche che mi farebbero ricco, B è priva di valore monetario. E dunque, a parità di tutte le altre condizioni, dovrei credere ad A maggiormente che a B? E poiché, ricordiamolo, credere non è una cosa astratta, ma significa inevitabilmente agire conformemente alla mia credenza, negli articoli che scriverò, nelle lezioni che terrò, dovrei sponsorizzare A a svantaggio di B? E qual'è il confine tra questo e inquinare l'opinione della comunità scientifica sul tema? Insomma, come ricercatore, il mio comportamento sarebbe un vero monumento alla disonestà intellettuale.
O Dio esiste o non esiste. La risposta ultima a questo dilemma, qualora la si trovasse, sarebbe la stessa per me, per te e per gli eventuali abitanti di altre galassie. Possiamo anche provare a formalizzare il ragionamento per mezzo di formule matematiche, per quel che valgono. Ma introdurre nell'indagine una componente soggettiva dipendente dagli interessi personali, quella che tu hai chiamato Val(Ev), equivale di fatto a istituzionalizzare la disonestà intellettuale.
Mi rendo però conto che sono partito dall'ipotesi che esista una realtà ultima. Un'ipotesi che, visto il titolo di questo blog, immagino non sia nella tua top ten. ;-)
Ciao ENTJ. Solo dopo aver scritto l'ultimo post mi sono accorto di questo commento (il mio programma di posta non mi ha avvisato! Maledetto lui!!).
Mi prendo la facoltà di ragionarci sopra e di risponderti nei prossimi giorni. : )
good start
La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu
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