sabato 22 dicembre 2007

Ursetz

Ho letto alcune cose interessanti*, e volevo rendervi partecipi di un universo musicale spesso non affrontato.

N. Chomsky è un linguista, H. Schenker è stato un teorico della musica. Intrecciare i loro pensieri non solo è possibile, ma genera anche delle interessanti considerazioni.
Chomsky e Schenker credono che il comportamento umano debba avere alla base la capacità di formare delle rappresentazioni astratte. Vediamo su cosa si fonda il loro ragionamento.

  • Secondo Chomsky tutti i linguaggi naturali hanno, a livello profondo, la stessa struttura
  • Secondo Schenker tutte le composizioni musicali hanno, a livello profondo, lo stesso tipo di struttura
Simili, no? Gli studi di questi due illustri personaggi portano alla considerazione che nel linguaggio c'è una differenza tra struttura di superficie e struttura di profondità, in pratica tra CIò CHE è e CIò CHE VUOL DIRE.

Chiamiamo la struttura di profondità Ursatz. Il metodo Schenkeriano, diventato famoso soltanto negli ultimi tempi, si basa nella riduzione della composizione fino a trovarvi lo scheletro armonico. Nel metodo Chomskyano possiamo identificare l'Ursatz come il significato della frase.

Lasciamo stare le considerazioni più tecniche, il mio interesse è usare queste strutture in relazione alla musica moderna, e riesco a farlo in parte alla fine dell'intervento.

Noam Chomsky al World Social Forum di Porto Alegre (Brasile)

E' interessante notare che l'Ursatz musicale può condensare anche un centinaio di note in un solo rapporto armonico. Possiamo dire che l'Ursatz, quindi, nel linguaggio musicale "condensa", mentre nel linguaggio delle cose è espansivo. Il concetto "Oggi Giovanni andrà a mangiare carne pesce e piselli" ha come Ursetz all'incirca la frase "Oggi Giovanni andrà a mangiare carne, andrà a mangiare pesce, andrà a mangiare piselli". Questa la sostanziale differenza tra il -significato profondo- dei due linguaggi.



Nel linguaggio parlato l'Ursatz è un punto di arrivo, mentre nella musica è un punto di partenza. Dopo varie trasformazioni nel primo caso avremo una frase perfettamente comprensibile che si può usare chiaramente senza problemi, ed è forse la più completa (anche se non la più sintetica, come abbiamo visto). L'interesse per un mero "scheletro musicale" è invece nullo. Il mio Maestro di armonia mi disse una volta: "tutta la musica non è nient'altro che PRIMO - QUINTO - PRIMO", che sta a dire "distensione - tensione - distensione". Tutta la musica tonale, ovviamente, cioè tutta la musica con delle relazioni armoniche. Se i compositori facessero caso solo all'Ursatz scriverebbero composizioni identiche. In realtà la musica è composta più che altro di strato superficiale (Foreground), ovvero da tutte quelle note che non fanno parte della struttura interna, ma che ne determinano in un qualche modo il valore. Per questo possiamo considerare l'Ursatz in musica il punto di partenza: una volta che il compositore l'ha ben chiaro nella sua mente, deve aggiungere la superficie, ed è questo l'unico modo per creare una composizione originale.

Ma...sempre e solo nel sistema tonale...!

A quanto pare il metodo Schenkeriano, particolarmente utile per l'analisi armonica di un brano, perde completamente valore quando passiamo ai brani del Novecento. In realtà il concetto di Ursetz come struttura di profondità può ancora essere usato per portare ad una interessante considerazione. Nelle musiche tonali l'Ursetz ha sempre uno spazio distinto. E' chiaro, quindi è in messo da parte, proprio per la sua immutabilità di PRIMO QUINTO PRIMO. Nella musica moderna no: se tutti i rapporti armonici tensivi sono annullati, la cosa più importante è proprio lo schema profondo, mentre la superficie in genere (e almeno teoricamente) perde la sua valenza. Mentre prima non era importante CIò CHE è, ma CIò CHE SI SENTE, ora diventa sempre più importante CIò CHE è, mentre l'udibile è sottovalutato.
Non generalizziamo, certo.
Ma sembra proprio che la storia della musica moderna sia la storia della struttura profonda delle composizioni che pretende autonomia, sempre più violentemente, a scapito degli altri fattori.

In realtà ci devo pensare su ancora un po'.



*John A. Sloboda - La mente musicale - Ed. Il Mulino 1988

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