domenica 11 maggio 2008

Teorie delle argomentazioni (?)

Incredibilmente ero giunto ad una conclusione che mi sembrasse totalmente stabile, sicura, vera. Il modo in cui verbalmente si supponeva di poter stabilire la verità o la falsità di una teoria mi ha sempre fatto pensare e, spesso, vacillare.
Ero arrivato a pensare che qualcuno esprimesse A, qualcuno B e che non ci fosse alcun modo di poter conciliare le cose. Poi ho avuto l'illuminazione.

Qualche settimana fa mi sembrò di aver trovato una strada così ovvia, così stupidamente ovvia, che devo essermi sembrato molto stupido per non averla trovata prima: se la conversazione andasse davvero così avrei ragione nel pensare che le discussioni che tendessero allo stabilire la giustezza o meno di una affermazione siano totalmente inutili. In realtà le conversazioni (ho scoperto!, con suppongo qualche migliaio di anni di ritardo) si svolgono in tutt'altro modo. Mi piace vedere il tutto come una costruzione schematica, dove le persone che discutono sono X e Y e le argomentazioni che adducono a sostegno della falsità o verità della teoria sono A, B ecc. Possiamo anche supporre che si tratti di una sola persona che ragiona (magari mentalmente) partendo da argomenti diversi per vedere cosa può ricavare. Per arrivare ad una certa conclusione (che in realtà non è per forza VERO o FALSO, ma anche un grado intermedio) si proseguirebbe in questo modo:


X dice A
Y valuta la verità dell'argomentazione A.
SE A è vera*
Y costruirà una argomentazione B che si baserà su A
X valuterà B
SE B è vera
X costruirà una argomentazione C che si baserà su B e
quindi su A
(ecc)
SE B è falsa
X costruirà una argomentazione C volta a dimostrare
la falsità di B.
Y valuterà la verità di C
SE C è vera
X e Y tornano indietro, fino al primo argomento
considerato Vero
SE C è falsa
Y costruirà una argomentazione D volta a dimostrare
la falsità di C (che voleva a sua volta dimostrare
la falsità di B)
(ecc)
SE A è falsa
Y costruirà una argomentazione B volta a dimostrare la
falsità di A
(ecc, come sopra)



Questo è ovviamente ben diverso dal dire che X dice A e Y risponde B e fine.
Ho OMESSO tutti i casi in cui X o Y si possano accorgere semplicemente che l'avversario abbia ragione. In tal caso avrei dovuto mettere altri SE e lo schema sarebbe diventato lungo e complesso. In ogni caso basta immaginare una cosa di questo genere:

SE A è vera
SE Y non ha altre argomentazioni che ritiene valide
Y dà ragione a X (FINE)
SE Y ha altre argomentazioni
costruirà una argomentazione B (ecc. ecc.)

Alle volte la discussione può essere molto lunga, altre volte può non avere i presupposti per iniziare: quando cioè NON si può prendere atto dell'affermazione precedente a causa della sua soggettività o della sua imprecisione o della sua evidente falsità (o per altre cause che in questo momento possono sfuggirmi). E' così che iniziano le confutazioni di una argomentazione, le confutazioni delle confutazioni ecc.

Questa "teoria dell'argomentazione" mi è sembrata corretta e, in un certo senso, completa. Perché non ci avevo pensato prima? Semplicemente perché, in un altro senso, è assolutamente incompleta e falsa. Ecco come:

credo che questo metodo di argomentazione non possa desumere la verità o la falsità (o qualsiasi altro grado di verità [anche parziale]) di chicchessia: l'unica cosa che può fare è stabilire la capacità retorica (o la cultura o l'intelligenza se volete, in ogni caso la CAPACITA' di ARGOMENTAZIONE) di X o Y. Non ci viene detto nulla della teoria vera e propria. Potrebbe infatti essere che Y ad un certo punto convenga con X quando, in realtà, semplicemente NON è in grado di fare il passo successivo. Può essere che Y in quel momento sia stanco e non riesca a cogliere un errore nelle supposizioni di X, o che gli sfugga un passaggio ovvio o che semplicemente sia troppo poco intelligente per trovare la connessione giusta a scardinare totalmente l'argomentazione del suo interlocutore. Non capita forse spesso che, solo a posteriori, ci salta in mente una data frase che avrebbe completamente rovesciato le sorti di un dibattito?
Viene naturale domandarsi: quando può definirsi concluso lo schema di cui sopra? Possibile che possiamo ritenerlo concluso semplicemente quando non siamo più capaci di proseguire? Questo non è semplicemente un NOSTRO limite, anziché un limite di qualsiasi teoria pretenderemmo di difendere?

Mi sono bloccato di nuovo. Perché dunque qualsiasi teoria verbale è assolutamente indecidibile?

Io non lo so. Credo semplicemente che non lo sia.


Quest'ultima teoria, la "teoria dell'indecidibilità delle teorie tramite l'argomentazione" mi è sembrata corretta. Ma non potrebbe dunque essere che io, semplicemente, non RIESCA a trovare un' argomento che la superi fino ad arrivare a qualcosa di più stabile? In fondo è proprio ciò che la teoria dice: se alcune argomentazioni non si trovano, non vuol dire che non esistano. Ma quali sono queste argomentazioni? Chi mi aiuta?








Che qualche filosofo venga in mio soccorso, per piacere.
(va bene chiunque riesca a trovare la mia lettera successiva)


Spero che i puristi filosofi mi perdonino il tag "filosofia", di cui mi approprio con un po' di vergogna.

*Con "SE A è vera" o "SE B è vera" intendo semplicemente "SE A è riconosciuta da X e Y come VERA o almeno molto probabile"

17 commenti:

Francesco ha detto...

da pseudo-filosofo (dice che quello ora è addirittura il mio mestiere, ma lasciamo veramente perdere) ci sono cose che non ho proprio capito nello schema in quattro punti.

ricapitolando, X e Y sono due soggetti (enti, insomma due che parlano), A e B sono due argomentazioni, ok, ma argomentazioni a favore di che? o di una medesima Teoria T -ma allora siamo già d'accordo sulla verità o bontà epistemica di T, e la discussione è più limitata-, o di due diverse teorie,magari sullo stesso argomento, T(a) e T(b) rispettivamente? prendo il secondo caso in questione perché è quello "standard" dell'argomentazione e della discussione.

X e Y magari stanno discutendo sulla composizione fisica della Luna, X sostiene T(a), teoria che dice che la Luna è fatta di formaggio, ed A è l'argomento che X propone, argomento che dice che "ha il colore del formaggio", Y è per T(b) che dice che la Luna è fatta di neve, e B è il suo argomento che dice che visto chescompare e ricompare periodicamente quindi si scioglie e si risolidifica....

in questo caso il punto 2) che adoperavi tu non funziona, non capisco in che senso "B si basa in ogni caso su A", sono, o almeno possono sempre essere, due argomenti distinti, per due teorie distinte, e non è nemmeno obbligatorio che se B implichi necessariamente non-A o viceversa.

l'altra ipotesi è che B piuttosto sia una risposta all'Argomento A è pro T, quindi B è un controargomento di Y per A ed è quindi contro T, insomma B=non-A, e se non-A allora non-T. (B potrebbe essere una cosa del tipo "il formaggio si spappola fuori dall'atmosfera" oppure "non tutto quello che ha colore del formaggio è formaggio").

in questo caso il punto 2) ha più senso, però è il 3) che non capisco dove dici che "B che deriva da A". Un contro-argomento non si deriva dal suo argomento, sono sì legati ma solo per via di una negazione non di una derivazione. inoltre non capisco quali sia il legame qui di C, la nuova mossa, con B ed A, ovvero se l'argomento C vada contro B per salvare A, o se sia un nuovo argomento che non c'entra nulla con i due, tipo C=è di formaggio perché ha i buchi come la groviera.

se invece quello che vuoi dire è che ad i vari step successivi si introducono nuovi argomenti, contro-contro-argomenti, e sempre nuove mosse sono possibili , sono assolutamente d'accordo. le mie pochi nozione di teoria dell'argomentaziona, anzi le mie convinzioni sull'impossibilità di una qualunque teoria dell'argomentazione sono riprese da Wittgenstein (il filosofo, non il blog),

scusa se ho magari nel provare a fare ordine ho fatto più confusione (la filosofia di solito fa quello)

Vaaal ha detto...

Ciao! Mi rendo conto di essere stato fin troppo precipitoso nel voler arrivare ad una teoria finale, e ho quindi solo abbozzato quella schematica centrale.

Per partire dal primo punto: le argomentazioni riguardano la verità o la falsità di una certa teoria. Ammettiamo ancora che X voglia affermare che la Luna sia fatta di formaggio, e Y che NON sia fatta di formaggio.

In questo caso X, per seguire il tuo discorso, potrà dire "ha il colore del formaggio"(A).
Nel mio schema ho supposto che ogni argomentazione venisse valutata ma soprattutto che i due esprimessero argomentazioni ritenute valide, se vogliamo "vere".


Se intendiamo leggere l'argomentazione di X come "la Luna è gialla, il formaggio è giallo, la luna è fatta di formaggio" allora Y sarebbe effettivamente costretto a valutare negativamente la veridicità di A e a scartarla. Possiamo dire che formulerà B "il tuo silloggismo è sbagliato", e poi continueranno a discutere. Anche in questo caso B si basa su A, ma hai ragione nel dire che a questo punto non avremo alcuna C che si basi su B e A, perché se A è falsa il discorso crolla e si riparte dal primo punto che non presenta errori riconosciuti.

Per far valere il mio schema dovremmo supporre che X formulì semplicemente l'argomento "La Luna ha il colore del formaggio", senza aggiungere altro. In questo caso Y valuterà l'opzione "ha il colore del formaggio"(A) e penserà "è proprio vero". A questo punto i casi sono due: o si ferma qui e dice "hai ragione tu: ho valutato la tua argomentazione del colore giallo e mi hai convinto della verità della tua teoria" oppure "Prendo atto del fatto che A sia vera, ma vado avanti aggiungendo B". Possiamo supporre che B sia "E' vero, ha il colore giallo come il formaggio, ma nulla ci fa supporre che il colore identifichi senza appello la natura fisica della Luna"(B). Questa affermazione si baserà quindi su A e andrà oltre. Ovviamente Y potrà aggiungere altre argomentazioni a suo favore o potrà "passare il turno" ad A, che potrà riorganizzare la sua idea di colore giallo=formaggio oppure attaccare l'idea su altri fronti.

La mia schematizzazione è effettivamente sbagliata perché non contempla errori e non torna indietro. Suppongo di poterla migliorare. Mi sembra che l'idea di base non sia frantumata: l'accettazione o meno di una teoria è frutto non della verità o meno della teoria, ma dalla bravura argomentativa di chi la difende.

Mi rendo conto di essere estremamente confuso...

Vaaal ha detto...

Ho modificato in maniera sostanziale la schematizzazione, sperando che ora sia più corretta.

Francesco ha detto...

c'era un tizio, Gomez Davila, che diceva che le argomentazioni dimostrano solo a chi è già convinto... per il resto mi pare che nel riferirti alla bravura argomentativa sostieni che l'argomentazione altro non è che una forma di persuasione. e ci posso tranquillamente stare

io credo però che ci sia un enorme problema a prescindere da ciò, ovvero che in una discussione argomentativa non si può dare per scontato l'adoperare «argomentazioni ritenute valide, se vogliamo "vere"», esse e la loro verità sono ciò su cui si discute.

le discussioni riguardano la maggior parte delle volte il tipo di ragioni che contano o meno per quella teoria, o la loro forza giustificatrice ed inerenza alla teoria T, il loro essere valide o no-la teoria della argomentazione in epistemologia altro non è che una teoria della giustificazione, .

Se X e Y sono in disaccordo su T, allora sono in disaccordo su A che è l'argomento principale che supporta T, al che si metteranno a discutere su A ed arrivano ad essere in disaccordo ad esempio sulla forma di A, che costituisce B (roba del tipo "questa è solo un'induzione» con X che dice « ma l'induzione è valida»), e poi arriveranno a C (definiscimi «valido») e così via. Almeno potenzialmente il regresso è infinito: ogni nostra spiegazione e argomentazione adopera parole, concetti, ognuno dei quali ha un criterio, una regola che ne governa l'uso, che a sua volta è un concetto che ha criteri. Nelle discussioni molte volte ci si incarta così. non solo non c'è una strategia o un metodo per vincere un'argomentazione, ma nemmeno per perdere.

se sono follle abbastanza posso mostrarti che non hai alcuna "prova definitiva" sul fatto che la luna è di formaggio, anche se mi porti lassù. A meno della coercizione fisica,che però non è una ragione ed esula da una discussione, non hai modo di costringermi ad accettare che la luna non è di formaggio, perché possiamo passare la vita a discutere prima cosa vuol dire valido, poi vero, poi reale, poi dotato-di-senso e così via, ogni concetto ne rimanderà sempre ad altri, il dato puro ed oggettivo scevro di concetti , come scrisse qualcuno, è un mito.

riguardo l'ipotesi generale quindi io sarei ancora più drastico: una dimostrazione non dimostra nulla a meno che venga accettata, ovvero riconosciuta come tale da qualcun altro. l'accettazione può passare sì sulla persuasione, come dici tu sulla bravura del proponente, ma soprattutto sulla possibilità di comprendersi, e di trovare un qualche punto in cui dobbiamo arrestarci e non si può scavare oltre.

Francesco ha detto...

e comunque scusa se mi ci mi incaponisco o quasi, ma l'argomento (ih ih) è decisamente interessante

Giuseppe Lipari ha detto...

Cari Vaal e Fran-tes-to,

io purtroppo (o per fortuna, dipende) non sono un filosofo. E non sono un logico (purtroppo!). Sono solo un povero ingegnere con qualche conoscenza di logica e matematica, e in base a questa ti do la mia interpretazione della faccenda.

Verità e falsità sono concetti "pericolosi" se non definiti appropriatamente. In logica, la verità (o la falsità) di una proposizione dipende dall'"interpetazione". La frase "oggi qui piove" può essere vera o falsa, a seconda dell'interpretazione delle parole "oggi" e "qui".

In logica, partendo da certe premesse, considerate vere in maniera assiomatica, possiamo derivare delle proposizioni vere o false seguendo appunto dei procedimenti logici rigorosi.

Adesso andiamo al tuo esempio:

- X argomenta la proposizione A

- Y accetta A come vera e propone B

Qui devi spiegarti meglio. Innanzitutto, stai per caso assumendo che X e Y partano dalle stesse premesse? E stai assumendo che abbiano la stessa interpretazione dei fatti?

Queste domande, che sembrano banali, sono in realtà alla base della "comunicazione" tra gli individui. Infatti, è fin troppo facile utilizzare implicitamente una premessa nei propri ragionamenti, premessa non evidente ai nostri interlocutori che quindi non vedono l'evidenza del nostro ragionamento. Anche fra matematici: spesso gli errori nella dimostrazione di un teorema sono dovuti a ipotesi nascoste e non esplicitate completamente.

Quando poi si va nel campo della comunicazione verbale informale non si esplicitano quasi mai le premesse, con la conseguenza di generare spesso equivoci a mai finire.

Se poi si parte da premesse inconciliabili, dubito che si possa arrivare da nessuna parte. Un cattolico e un ateo, discutendo di filosofia o di morale, difficilmente si accorderanno su qualcosa, perché partono da premesse antitetiche che nessuno di essi ha voglia di modificare.

Secondo me, la tua teoria potrebbe essere così espressa (assumendo che X e Y vogliano sinceramente collaborare):

- X sostiene A partendo da delle premesse XP_0 e da una interpretazione XI_0

- Y comprende la verità di A nel sistema di X. Ma lui ha altre premesse, YP_0 e altre interpretazioni, YI_0. QUindi propone B

- X riconosce la giustezza di B nel contesto di Y. Egli riconsidera le proprie premesse e interpretazioni e ne produce delle altre XP_1 e XI_1 (sperabilmente avvicindandosi a Y). Quindi propone C.

- Y riconosce la verità di C, ma ha ancora delle idee diverse, che modifica in YP_1 e YI_1, e quindi propone D.

- etc.

Convergerà mai il processo? Forse, sono se X e Y abbiano voglia di convergere!
Per questo la retorica è importante: è un modo per convincere l'interlocutore della bontà delle proprie premesse e portarlo sulle proprie posizioni.

Concludo facendovi notare, se non l'aveste capito) che sono un relativista convinto (è la mia premessa KP0!)

Anonimo ha detto...

Che io ricordi i greci la chiamavano "dialettica"

vorrei farti notare, antropomorfo, che in realtà l'argomentazione non mira mai a conseguire un risultato (per quello si usa la logica). di solito la sua utilità si correla ben più alla necessità di primato (la vera conseguenza del peccato originale), e la necessità di primato non ha la possibilità di andare troppo per il sottile: le argomentazioni in genere non sono attinte all'universo del discorso ma ad un insieme ben più vasto in cui gli aspetti pertinenti sono mischiati con altri tipi di pulsioni, corollari, tesi alternative e, soprattutto, atteggiamenti non onesti

Purtroppo argomentare è vincere, non partecipare, e per teorizzare la cosa non sarebbero sufficenti rette e piani ma dovremmo ricorrere a spazi pluridimensionali

in compenso sono affascinato dal tuo entusiasmo e dalla tua forza.

credo che se cedessi al tuo lato oscuro potresti avere grandi soddisfazioni

Anonimo ha detto...

Mi sa che ti stai buttando su un terreno pericoloso, specialmente perchè quando dici "Y valuterà la verità di C" non includi che per valutare la verità si producono altre argomentazioni, questo porta a un ragionamento ricorsivo senza uscita.

Poi guardando come effettivamente la gente discute si nota più che un procedere di questo tipo, eccessivamente schematico e computerizzato, un discutere che quando è fruttuoso porta i soggetti a partire da posizioni più estremistiche fino a posizioni più vicine e moderate.

Questo perchè banalmente la verità sta nel mezzo, mezzo inteso come semplice descrizione del reale che in posizioni estreme (ed emotive) non può correttamente avvenire.

Le persone quanto discutono sono difficilmente così corrette, trattengono informazioni irrilevanti ma utili, e dimenticano nel procedere dell'argomentazioni informazioni fondamentali ma inaccettabili per entrambi.

Saluti :)

Vaaal ha detto...

fran-tes-to: dici che molte volte ci si incanta a discutere la forma di A. E' proprio ciò che intendo io quando inserisco "SE A è falsa": ovviamente non sarà falsa per X che l'avrà formulata, ma per Y, il quale come ho detto dovrà dimostrarne la falsità tramite B, il che può portare come dici ad un regresso infinito.
E' vero che puoi non convincerti che la luna non sia fatta di formaggio, nonostante tutte le argomentazioni che qualcuno potrà portarti. A mio parere questo è anche giusto (ma solo in un certo senso).
Sono quindi d'accordo su tutto, tranne quando dici: una dimostrazione non dimostra nulla a meno che non venga accettata da qualcun altro. Mah... direi: nemmeno. Non dimostra nulla e basta. Si può supporre che dimostri qualcosa, ma è solo una approssimazione. Probabilmente comunque era questo ciò che intendevi.

Knulp: non volevo di certo limitare la discussione ai soli filosofi o ai logici ; ) Il tuo modo di ragionare è molto bello, e complica enormemente le cose. Mi piace molto quando arrivi a dire "Y comprende la verità di A nel sistema di X". E' una fase molto carina. E' giustissimo quando punti l'occhio sull'importanza estrema delle premesse. Il tuo pensiero mi fa capire come sia difficile arrivare ad una schematizzazione che abbia pretese di completezza, senza finire in parodie della realtà.

xni: un argomento che non mira a conseguire un risultato mi pare curioso. Preferisco pensare che POSSA non conseguire un risultato, che A VOLTE non mira ad un risultato. Credo anche che a volte miri a farlo. Ci sono esempi infiniti, dalle conversazioni al bar ai discorsi elettorali. Non mi dire che un politico non mira ad ottenere alcun risultato con le sue argomentazioni, di qualunque natura esse siano.

riccardo: non sono d'accordo quando dici che la verità sta nel mezzo. Suppongo potrebbe anche stare in posizioni estreme. Hai ragione nel dire che il mio procedere è troppo schematico. Confido comunque che, anche al rischio di creare qualcosa di complicatissimo, si possa costruire uno schema di quel tipo che possegga un'adeguata fedeltà al mondo reale. E' molto bello il tuo "dimenticano informazioni fondamentali ma inaccettabili per entrambi". Forse non dimenticano: ignorano ; )

Ho acquistato il trattato dell'argomentazione di tali Perelman Chaïm, Olbrechts-Tyteca Lucie. Magari puoi fornirmi nuovi spunti :)

Giuseppe Lipari ha detto...

@Vaal, grazie per l'apprezzamento, in effetti la realtà è complicata, ma meglio partire dalle cose semplici ma formalizzate rigorosamente, non credi?
Quando hai finito di leggere il trattato di Perelman fammi un fischio, piacerebbe leggerlo anche a me, ma fino a luglio dovrò purtroppo soccombere alle mille cose che ho da finire nel frattempo...
Grazie comunque per gli spunti che ci fornisci sempre!

Vaaal ha detto...

Grazie a voi per perdere tempo con me : D

Anonimo ha detto...

allora se la verità sta agli estremi, portami un esempio che possa sostenere le tue ipotesi... Quando la pongo nel mezzo, intendo la cosa come movimento dialettico, dall'incontro degli estremi, nasce un termine medio, o usando un termine migliore netruo, neutralizzato da ideologie e semplicismi di sorta!

Vaaal ha detto...

Non sto dicendo che la verità è sempre agli estremi, ma hce potrebbe essere così.
Non capisco bene cosa intendi come "cosa come movimento dialettico". Suppongo tu intenda dire che quando due persone discutono tra di loro potrebbero arrivare solo ad un compromesso, se pure ci arrivano. Beh non sono d'accordo. Dovrei farti qualche esempio.
Due persone vogliono ancora parlare della natura della Luna. Uno dice che è sferica, l'altra che è romboidale. Diresti che la verità sta nel mezzo e, quindi è cubica? Mmm.

Anonimo ha detto...

Per movimento dialettico intendo quello di hegel, se uno parte dall'estremo che la terra sia sferica perfetta, e un altro dall'altro estremo che sia assolutamente caotica (un poligono irregolare), attraverso la negazione degli estremi (non è ne sferica, ne caotica) arrivi ad avere un oggetto che rappresenta le caratteristiche della luna, un oggetto mediamente perfetto, la forma di un geoide, in parte sferico, in parte poligonale (schiacciato ai poli). Poi non ho capito se intendi come la discussione dovrebbe essere, allora a parer mio Hegel ha dato una spiegazione veramente potente, oppure come effettivamente è, a quel punto devi introdurre nel discorso componenti emotive, sociali, cognitive e così via.

Per farti un esempio delle componenti cognitive, nella tua spiegazione troviamo che il numero di argomentazioni da ricordare aumenta in misura esponenziale. Ogni tesi è formata da un tot di argomentazioni (ad esempio questo post ne ha 3, spiegazione della dialettica, affermazione che hegel è il migliore, e che c'è il bisogno di analizzare altre componenti nella discussione) ad ognuna di queste dovrebbe seguire la falsificazione attraverso una nuova argomentazione (o più di una) e dovrebbero essere presentate altre argomentazioni a favore della tua tesi. E siamo già a 3 argomentazioni mie, 3 controargomentazioni tue e nuove tue argomentazioni. La mente umana può tenere in memoria non più di 5 6 "oggetti" alla volta, siamo già fuori!

Giuseppe Lipari ha detto...

@riccardo:

mi sembra che ci sia un problema in questa discussione. Se vogliamo andare all'osso, all'essenza del processo di argomentazione, dobbiamo inizialmente liberarci delle limitazioni umane e assumere che gli interlocutori siano "perfetti". Supponiamo quindi che sia X che Y non facciano errori logici, che i loro sillogismi siano perfetti, che partendo da certe premesse sono in grado di derivare qualunque conclusione.

In questo modo ci liberiamo dell'equivoco introdotto dal linguaggio (non formale), e dalla fallibilita' dell'essere umano.

Supponiamo che X e Y siano due superuomini, che possano memorizzare un numero infinito di argomentazioni. Supponiamo che siano intelligenti come Bach (si dice che potesse improvvisare canoni a 6 voci: un superman!), oppure che siano dei computer con HAL 9000.

Adesso ricominciamo il discorso. Dove sta la verita'? nel mezzo? mah. Io dico: esistono tante verita'. Dipende dal "contesto" o se vuoi dal "sistema formale" di riferimento. La luna e' sferica o cubica? Per vedere quale delle due affermazioni e' vera, dobbiamo dire a che luna ci riferiamo, in che universo, in che sistema di riferimento, che significa sferica, che significa cubica.

Faccio un altro esempio. Euclide dice: due rette parallele non si incontrano mai. E' vera questa affermazione? Nel sistema euclideo classico si. Ma poi vennero le geometrie non euclidee, e le cose si fecero piu' complesse: se consideriamo la superfice terrestre, il termine "retta" indica un cerchio massimo (ad esempio un meridiano). In questa geometria, due rette si incontrano sempre esattamente 2 volte (ad esempio due meridiani si incontrano ai due poli).

Naturalmente uno potrebbe chiedersi adesso: ma concretamente viviamo in uno spazio euclideo? sembrerebbe proprio di no, ma non ci sono ancora certezze.

La verita'? e' relativa. Incontrarsi a meta'? solo se i due interlocutori sono disposti a modificare le proprie premesse e a mettersi "nello stesso sistema formale" di partenza.

Poi naturalmente dobbiamo mettere la limitatezza dell'uomo, e le cose si mischiano e si confondono.

Vaaal ha detto...

Riccardo: io non ho studiato Hegel, quindi se non afferro subito tutto al volo dipende da questo..

Comunque continuo a non capire quest'opinione per cui la verità stia sempre nel mezzo. Un uomo dice che 2+2=4, l'altro che 2+2=100. Se la verità è nel mezzo, come dici tu, dovremmo ammettere che né l'una né l'altra equazione è vera, ma che 2+2=48. Perdona l'esempio che potrà sembrarti idiota, ma mi sembra adatto per spiegare che la verità NON sempre è nel mezzo. E' perché dovrebbe?. Sia ben chiaro che, come dice Knulp, quando dico 2+2 sottointendo tante cose: sottointendo che stiamo parlando di matematica, sottointendo che 2 indica la quantità successiva a 1, e insomma sottointendo tutte queste cose senza il bisogno di esplicitarle, perché altrimenti ogni volta che vorremmo dire qualcosa con una certa precisione dovremmo perdere ore a specificare cose che si suppone l'altro afferri al volo.

Voglio dire: la verità PUO' stare nel mezzo, ma non per forza. Dipende.

Anonimo ha detto...

e no, se sposti la discussione sui super uomini, il discorso del mezzo scompare, perchè essendo "super" i due uomini sarebbero identici, e avrebbero la medesima concezione delle cose, e quindi la medesima condizione di verità, in conclusione 2 super uomini non avrebbero il bisogno di dialogiare.

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