sabato 13 settembre 2008

Dennett, zombie e coscienza

Questo intervento si basa su quest'altro e in particolare su una risposta ad un commento ENTJ che ci racconta l'interessante ipotesi dello zombie formulata da Dennett. Eccola:
Filosoficamente un zombie è un essere ipotetico, identico in tutto e per tutto a un essere umano, escluso il fatto che lo si suppone privo di coscienza. La domanda è: secondo voi, può esistere uno zombie? E' possibile che un organismo privo di coscienza (qualunque cosa sia) ne simuli perfettamente una, a tutti gli effetti esterni? E ancora: come potreste dimostrare che io non sono uno zombie? Come potete immaginare, gli scenari speculativi si sprecano. Detto brutalmente, alla fin fine Dennett sostiene che tutti noi in realtà siamo zombie, in quanto la coscienza sarebbe nient'altro che un'utile illusione creata nel nostro cervello dall'evoluzione.

Dopo aver letto il commento ho subito scritto alcune considerazioni che ho esitato a pubblicare per paura che mi sfuggisse qualcosa di banale. In effetti mi sembrava un po' strano che Dennett potesse presentare un "paradosso" così ehm.. povero. Riporto le mie considerazioni iniziali:



L'errore principale sta nell'ipotizzare che un essere senza coscienza possa imitare completamente i nostri comportamenti. In fondo nulla ci dice che così debba essere, e l'unico modo per rispondere affermativamente è che la coscienza non abbia nessuna funzione particolare e quindi possiamo anche ignorare la sua esistenza. Dennett postula che la coscienza non esiste e dimostra che... la coscienza non esiste!

Detto questo qualche precisazione: non sono sicuro che la coscienza esista. Credo solo che pensare di poter dimostrare una cosa tanto fondamentale utilizzando un semplice ragionamento verbale sia troppo riduttivo. In effetti alcuni dati fanno propenderepiù facilmente per quest'alternativa (la coscienza è una invenzione illusoria sviluppata per fini evoluzionistici). Potrebbe essere così, anche se il nostro sé si ribella ad ogni costo. Ma il dibattito è in corso e l'unica cosa certa è che appare molto interessante!

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Oggi avevo un po' di tempo e ho cercato qualche informazione in più, ed ecco cosa ho trovato. Qui si dice che questo paradosso è di David Chalmers che sinceramente non conoscevo e qui che proprio Dennett sembra mostrare l'inconcludenza di tale ipotesi. Sono entrambi ottimi blog che vi potrebbero interessare. Segnalo una parte interessante presa dal primo sito :
"Alla luce di queste considerazioni, l’idea di una coscienza priva di qualsiasi funzione nella vita concreta degli organismi, e in particolare dell’uomo, su cui si basa la tesi dell’indistinguibilità degli zombi dagli esseri umani, appare largamente implausibile. Infatti, se la coscienza conferisce un qualche vantaggio adattativo agli organismi che ne sono dotati, rispetto a quelli che ne sono privi, tale vantaggio deve necessariamente manifestarsi attraverso una differenza più o meno marcata nei rispettivi comportamenti. In tale prospettiva, la nozione di zombi, introdotta da Chalmers per dimostrare l’irriducibilità della coscienza, appare del tutto inconsistente perché basata sul presupposto della non rilevanza causale della coscienza. Presupposto tutto da dimostrare e anzi probabilmente falso."

Aggiungerei che, però, nessuno ci dà la certezza che l'evoluzione abbia sviluppato un carattere che chiamiamo coscienza. Certo, se l'avesse fatto sarebbe probabilmente distinguibile per le ragioni addotte, ma insomma, boh.


Infine aggiungo che la domanda principale da porre prima di iniziare qualsiasi dibattito dovrebbe essere: cosa dobbiamo intendere per coscienza? Proverò ad approfondire nei prossimi post.

10 commenti:

Giuseppe Lipari ha detto...

In effetti, da povero ingegnere quale sono , pensavo che la domanda "cosa è la coscienza" dovesse essere posta prima di ragionare sulla sua esistenza. Quando ho cominciato a leggere il tuo post, la mancanza di una definizione di "coscienza" mi sembrava il problema, ma come te mi sono detto: "mi sono perso qualcosa da qualche parte...". Quando sono arrivato alla conclusione del post, sono rimasto DAVVERO perplesso!

Giorgio Jannis ha detto...

Non è detto che la domanda vada posta prima dell'indagine. Anzi, visto che la coscienza è proprio (forse) lo strumento con cui formuliamo la domanda... mi viene da pensare ad un chirurgo che si stupisce se il paziente muore di setticemia, pur sapendo che il bisturi è sporco.
La domanda è già uno strumento, piega l'orizzonte della pensabilità, esclude per mettere a fuoco questo e non quello. Infatti Dennett, ma già sai, da molti anni si interroga sul significato (che non è un "contenuto") della coscienza, e opera spesso metodi "stranianti" per mostrare come cose diverse abbiano coscienza di sé e del mondo (sì, sto pensando al formicaio).
In un caso come questo, ben vengano imho approcci per assurdo o a negativo, oppure "statistici" e quantitativi, perché a porsi la domanda ormai leggendaria "cos'è la coscienza", da dentro un sistema linguistico, da dentro uno schema culturale, da dentro una storia stessa del pensiero che pensa sé stesso, è un po' mettersi in un ginepraio.
Adesso clicco per restare sintonizzato con questa discussione.

Anonimo ha detto...

No, la coscienza ce l'ho solo io!
Sono circondato!!
Maledetti Zombie!!! #-P

ENTJ ha detto...

Concordo con Giorgio. L'argomentazione degli zombie di Dennett a mio avviso non è da intendersi come dimostrazione, ma come tentativo di spostare il problema della coscienza sul terreno del comportamentismo. Il che sarebbe già un grande passo avanti se si pensa che uno dei luoghi comuni sulla coscienza è che sia una proprietà che viene sperimentata soltanto dal soggetto che la esercita.
Può darsi che Dennett non creda realmente agli zombie più di quanto Zenone credesse realmente che la tartaruga arrivasse al traguardo prima di Achille.
Ma la domanda interessante da porsi in questi casi è dove stia il buco del ragionamento. Se gli zombie possono esistere, dov'è la coscienza? E se non possono esistere, qual'è la qualità (osservabile) che determina questa impossibilità?
Bravo Vaaal per aver lanciato la discussione.

Vaaal ha detto...

Non credo che in questo caso fosse necessario definire inizialmente la coscienza, ma non per il motivo portato da Giorgio.
Giorgio: A mio parere non possiamo porci AL DI FUORI del nostro sistema linguistico, del nostro sistema culturale e della nostra coscienza, perché nel farlo ci accorgeremmo dell'inganno: e cioè che siamo sempre lì. E allora, dobbiamo smetterla di cercare "quello"? Siamo un pensiero che pensa se stesso, ma in livelli differenti, il che rende tutto più "possibile". Perché non dovrebbe? E' come dire che i fisici non possono indagare gli atomi perché sono composti di atomi, che gli etologi non possono studiare gli animali perchè lo sono essi stessi.
La cosa principale è il metodo di ricerca. Credo che ci si dovrebbe rivolgere a metodi diversi.

---- Ora: perché possiamo parlare dell'ipotezi zombiesca senza definire la coscienza? Perché se vediamo l'ipotesi da una prospettiva analitica ci renderemo conto che al posto di coscienza ci possiamo mettere qualsiasi cosa, e funziona perfettamente.

Uno zombie è un essere uguale agli esseri umani fuorché per la mancanza di un carattere x. Se questo zombie è comunque DEL TUTTO uguale agli esseri umani chiaramente ricaviamo che questa caratteristica x è nulla. Se invece lo zombie non è del tutto uguale, questa caratteristica.. cos'è?

Ecco, detta così (mi rendo conto, non cambia molto) mi sembra di poter evitare tutte le confusioni derivate dalla parola troppo inflazionata e non abbastanza neutra da consentirci una buona analisi. Che ne pensate?

Giorgio Jannis ha detto...

Beh, un conto sono gli oggetti d'analisi (gli atomi o gli animali), un conto è porre cartesianamente o fenomenologicamente sotto analisi lo strumento stesso che compie l'analisi.

Certo che non possiamo essere fuori da noi stessi (il nostro essere culturali, innanzitutto), sennò il problema sarebbe risolto, ed ecco perché se proprio devo giustamente indagare il metodo, preferisco un metodo che non sappia di essere un metodo, un qualcosa di non progettato, non pensato, non pòsto, sennò la coscienza sarebbe in qualche modo implicata. Conseguentemente, si tratterebbe di trovare un metodo che senza ricorrere al pensiero (necessariamente esterno a noi? se leggo il tuo "livelli di coscienza, correttamente, potrebbe essere anche cosa umana), addirittura senza antropomorfizzazioni che possano condizionare la visione teorica, riesce a raccontare qualcosa. E questo è proprio Dennett.

"Qualunque spiegazione della coscienza che lascia al suo interno qualcosa/qualcuno cosciente in realtà non ha spiegato affatto cos'è la coscienza." ho trovato qui. E' da qui, imho, che vale la pena partire con la domanda, la domanda che è meglio non farsi.

Riccardo Orlando ha detto...

Wow. Ma qui fate sul serio.
Non riesco ad addentrarmi in poco tempo sulle vostre posizioni, ma aver il "coraggio" di esprimerle pubblicamente merita di per se un plauso. Per un "dennettiano" come me solo sentir dire che abbia commesso degli errori suona proccupante, ho letto e riletto molte delle sue opere e pur cercando spesso delle "contraddizioni" o almeno delle incongruenze temporali, non sono riuscito a trovarne di significative. Per quanto rigurada la questione degli "zombie" che ho studiato abbastanza, non ho purtroppo molto di personale da aggiungere. Mercoledì a Bologna ho avuto la fortuna immensa di conoscere D.Hofstadter che nel suo seminario ha, parzialmente, ripreso l'argomento. La "scelta" è un epifenomeno. Ed io ne sono fiero. Sono realmente entusiasta del fatto di essere "soltanto" materia. Peccato che in molti non se ne rendano conto. Come riportato anche da Dawkins non ho bisogno di immaginare che ci siano delle fate nascoste per godere della bellezza di un giardino.
Cordiali saluti a tutti.
Riccardo

Vaaal ha detto...

Ciao Riccardo! Nulla da dire sul tuo fiero materialismo. Quando mi riferisco a coscienza parlo sempre di fenomeni fisici, di risultati di fenomeni fisici, di caratteristiche emergenti da fenomeni fisici. Paccottaglie spiritualistiche non mi interessano!
Ma anche così non mi sembra corretto declassare la coscienza alla non esistenza tramite una pompa di intuizione di questo tipo.
Ultimamente mi sono avvicinato a Dennet tramite Sweet Dreams e Brainstorms (e l'Io della mente. Comunque non ho gradito particolarmente nessuno dei tre). Molte cose non le ho capite, ma tra quello che ho afferrato mi sembra che neanche Dennett non ammetta l'esistenza ipotetica di tale zombie. Uno zombie di tal fatta può esistere? Sì, se la coscienza è NULLA. No se è qualcosa. La risposta è da trovare, non da scartare a priori. In Sweet Dreams anzi definisce la coscienza come un prodotto analogo alla Fama (tra l'altro questa sì che è una potente intuizione).
(ps potrei sbagliarmi ma la citazione delle fate è di douglas adams :D)

Riccardo Orlando ha detto...

Io la citazione la ricordo da "l'illusione di dio" di Dawkins, ma non ci scommetterei.
Brainstorms, secondo il mio modesto giudizio, è un capolavoro, anche se "Coscienza" (se non sbaglio di qualche anno prima) è forse il più completo. Sweet dreams l'ho letto un po' di sfuggita e mi è sembrato solo un "preludio" di "rompere l'incantesimo" che ne è la versione dettagliata. Sull' "io della mente" essendo tra le mie letture "giovanili" (ovvero più di 15 anni fa) lo ricordo per il fatto di essere stato scritto a 4 mani con Hofstadter e per la parte finale sugli esperimenti del "espianto/impianto/enmulazione" di cervello, e ne ho fatto più di una volta regalo.
Sinceramente il problema che mi sembra cogliere dalle tue parole è un problema di parole (scusa il gioco) ed è qualcosa che sto trattando (che immodestia) da un paio di anni soprattutto dopo la lettura di "l'illusione di dio" e credo che riguradi quello che Dennett chiama appunto "linguaggio intenzionale". Ho provato a fare una domanda in proposito a Edoardo Boncinelli (che nell'occasione ha proprio glissato) che la scosa settimana a Hofstadter, in persona, che sosteneva che utilizzare un linguaggio di questo genere concedeva possibilità di incontro con i credenti (mi sembra che lui li chiamasse religiosi, ma devo dire che la sua capacità di esprimere concetti così complessi in Italiano è tra le cose che mi hanno imprssionato di più). Nel fine settimana ho letto qualche pagina de "Anelli nell'io" e l'approccio che colgo sembra appunto nel separare i livelli.
E' un piacere poter scambiare idee con qualcuno che si interessi di questi temi e oltre a visitare più spesso il tuo sito spero di poter inserire qualche post in oggetto anche sul mio
Cordiali saluti a tutti
Riccardo

Riccardo Orlando ha detto...

P.S. Douglas Adams era un genio.
Io l'ho scoperto tramite Dawkins che ne parla nel cappellano del diavolo dove riporta "l'elogio funebre" ho provato a leggere un po' di suoi libri (in italiano) e anche se non è temporalmente corretto "mi manca". Forse mi manca la possibilità di andare ad una sua conferenza....
Ciao

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